Tuir – nuovo testo Unico

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Tuir – nuovo testo Unico delle imposte sui redditi d.p.r. 917 09_2011

Tuir – Testo Unico delle imposte sui redditi – D.P.R. del 22 Dicembre 1986 n. 917 aggiornato a Settembre 2011

Nuovo Testo Unico delle imposte sui redditi (Tuir) aggiornato con le modifiche in vigore dal 17 settembre 2011.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 1986

  • Nuovo Tuir aggiornato al 17/09/2011

Tuir – Testo Unico delle imposte sui redditi – D.P.R. del 22 Dicembre 1986 n. 917 aggiornato al 31 Luglio 2010

Nuovo Testo Unico delle imposte sui redditi (Tuir) aggiornato con le modifiche vigenti al 31 luglio 2010.

  • Nuovo Tuir aggiornato al 31/07/2010

TUIR nella formulazione ora vigente, dopo la Legge Finanziaria per il 2010. A tale scopo, la prima parte espone i commenti esplicativi di ciascuno dei 191 articoli che compongono il DPR 917/1986. Successivamente verrà inserita la seconda parte illustra la normativa complementare sull’imposizione diretta, riguardante in particolare:
1. La detrazione delle spese per le ristrutturazioni edilizie

2. La detrazione per il risparmio energetico

3. Il credito d’imposta per la nuova occupazione

4. Il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate

5. Il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo

6. Il regime speciale per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo

7. Il regime semplificato per i contribuenti minimi

8. La rivalutazione dei beni d’impresa

9. Le società di comodo

10. Le società cooperative

11. La vecchia disciplina generale degli interessi passivi

12. Le deduzioni extracontabili da quadro EC

13. La detassazione degli investimenti in macchinari

14. L’interpello e la norma antielusiva

Approvato il modello di dichiarazione “Unico 2011–SC”, con le relative istruzioni, che le società ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato e i soggetti non residenti equiparati devono presentare nell’anno 2011 ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, da utilizzare per il periodo d’imposta 2010.

Approvato il modello di dichiarazione “IRAP 2011”, con le relative istruzioni, che le società ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato e i soggetti non residenti equiparati devono presentare nell’anno 2011 ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, da utilizzare per il periodo d’imposta 2010.

Tuir – testo Unico delle imposte sui redditi d.p.r. 203/2005

Dpr 22 dicembre 1986 n. 917 – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (*)
(pubblicato sul supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” del 31 dicembre 1986 n. 302)(*) Le parti evidenziate in nero sono quelle modificate dal Dlgs 247/2005, dal Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005 e dalla legge finanziaria 266/2005. Si segnalano, inoltre, le modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 che andranno in vigore dal 1° gennaio 2008.TITOLO I
Imposta sul reddito delle persone fisiche
Capo I – Disposizioni generali

Articolo 1
Presupposto dell’imposta

1. Presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6.

Articolo 2
Soggetti passivi

1. Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

Articolo 3
Base imponibile

1. L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10, nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12.
2. In deroga al comma 1 l’imposta si applica separatamente sui redditi elencati nell’articolo 17, salvo quanto stabilito nei commi 2 e 3 dello stesso articolo.
3. Sono in ogni caso esclusi dalla base imponibile:
a) i redditi esenti dall’imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;
b) gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
c) abrogata
d) gli assegni familiari e l’assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge;
d-bis) la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall’articolo 1 della legge 29 dicembre 1988, n. 544.

Articolo 4
Coniugi e figli minori

1. Ai fini della determinazione del reddito complessivo o della tassazione separata:
a) i redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale di cui agli articoli 177 e seguenti del codice civile sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota stabilita ai sensi dell’articolo 210 dello stesso codice. I proventi dell’attività separata di ciascun coniuge sono a lui imputati in ogni caso per l’intero ammontare;
b) i redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale di cui agli articoli 167 e seguenti del codice civile sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi. Nelle ipotesi previste nell’articolo 171 del detto codice i redditi dei beni che rimangano destinati al fondo sono imputati per l’intero ammontare al coniuge superstite o al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l’amministrazione del fondo;
c) i redditi dei beni dei figli minori soggetti all’usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Se vi è un solo genitore o se l’usufrutto legale spetta ad un solo genitore i redditi gli sono imputati per l’intero ammontare.

Articolo 5
Redditi prodotti in forma associata

1. I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
2. Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.
3. Ai fini delle imposte sui redditi:
a) le società di armamento sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società in accomandita semplice secondo che siano state costituite all’unanimità o a maggioranza;
b) le società di fatto sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali;
c) le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici, ma l’atto o la scrittura di cui al comma 2 può essere redatto fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione;
d) si considerano residenti le società e le associazioni che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. L’oggetto principale è determinato in base all’atto costitutivo, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, e, in mancanza, in base all’attività effettivamente esercitata.
4. I redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione:
a) che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
b) che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
5. Si intendono, per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

Articolo 6
Classificazione dei redditi

1. I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi di impresa; f) redditi diversi.
2. I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati.
3. I redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi.

Articolo 7
Periodo di imposta

1. L’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma, salvo quanto stabilito nel comma 3 dell’articolo 8 e nel secondo periodo del comma 3 dell’articolo 13.
2. L’imputazione dei redditi al periodo di imposta è regolata dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano.
3. In caso di morte dell’avente diritto i redditi che secondo le disposizioni relative alla categoria di appartenenza sono imputabili al periodo di imposta in cui sono percepiti, determinati a norma delle disposizioni stesse, sono tassati separatamente a norma degli articoli 19 e 21, salvo il disposto del comma 3 dell’articolo 17, anche se non rientrano tra i redditi indicati nello stesso articolo 17, nei confronti degli eredi e dei legatari che li hanno percepiti.

Articolo 8
Determinazione del reddito complessivo

1. Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali di cui all’articolo 80 e quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell’articolo 60.
2. Le perdite delle società in nome collettivo e in accomandita semplice di cui all’articolo 5, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso articolo derivanti dall’esercizio di arti e professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall’articolo 5. Per le perdite della società in accomandita semplice che eccedono l’ammontare del capitale sociale la presente disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.
3. Le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi. La presente disposizione non si applica per le perdite determinate a norma dell’articolo 66. Si applicano le disposizioni del comma 1-bis dell’articolo 84 e, limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di cui al comma 1-ter del citato articolo 84.

Articolo 9
Determinazione dei redditi e delle perdite

1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati distintamente per ciascuna categoria, secondo le disposizioni dei successivi capi, in base al risultato complessivo netto di tutti i cespiti che rientrano nella stessa categoria.
2. Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti; quelli in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti. In caso di conferimenti o apporti in società o in altri enti si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti. Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e il conferimento o l’apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato a norma del successivo comma 4, lettera a).
3. Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.
4. Il valore normale è determinato:
a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
b) per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti;
c) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.
5. Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società.

Articolo 10
Oneri deducibili

1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente:
a) i canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione; sono in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati;
b) le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d’imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito;
c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
d) gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione modale e, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, gli assegni alimentari corrisposti a persone indicate nell’articolo 433 del codice civile;
d-bis) le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti;
e) i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi. Sono altresì deducibili i contributi versati al fondo di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565. I contributi di cui all’articolo 30, comma 2, della legge 8 marzo 1989, n. 101, sono deducibili alle condizioni e nei limiti ivi stabiliti;
e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per un importo complessivamente non superiore al 12 per cento del reddito complessivo e comunque non superiore a lire 10 milioni. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente, relativamente a tali redditi la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive istituite ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e, comunque, entro i predetti limiti del 12 per cento del reddito complessivo e di 10 milioni di lire. La disposizione contenuta nel precedente periodo non si applica nel caso in cui la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori, nonché ai soggetti iscritti entro il 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e se le forme pensionistiche collettive istituite non siano operanti dopo due anni. Ai fini del computo del predetto limite di lire 10 milioni si tiene conto: delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’articolo 105, comma 1; dei contributi versati ai sensi dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579. Per le persone che sono fiscalmente a carico di altri soggetti non si tiene conto del predetto limite percentuale, nonché, nei riguardi del soggetto di cui sono a carico, della condizione di destinazione delle quote di TFR alle forme pensionistiche complementari; (1)
e-ter) i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per un importo complessivo non superiore a lire 2.000.000 per gli anni 2001 e 2002. Per gli anni 2003 e 2004 il suddetto importo è fissato in lire 3 milioni, aumentato a lire 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006 e a lire 4.000.000 a decorrere dal 2007. Per i contributi versati nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12, che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito;
f) le somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, in ottemperanza alle disposizioni dell’articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dell’articolo 1 della legge 30 aprile 1981, n. 178;
g) i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell’articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato;
h) le indennità per perdita dell’avviamento corrisposte per disposizioni di legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione;
i) le erogazioni liberali in denaro, fino all’importo di 2 milioni di lire, a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana;
l) le erogazioni liberali in denaro di cui all’articolo 29, comma 2, della legge 22 novembre 1988, n. 516, all’articolo 21, comma 1, della legge 22 novembre 1988, n. 517, e all’articolo 3, comma 2, della legge 5 ottobre 1993, n. 409, nei limiti e alle condizioni ivi previsti;
l-bis) il cinquanta per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184;
l-ter) le erogazioni liberali in denaro per il pagamento degli oneri difensivi dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche quando siano eseguite da persone fisiche;
l-quater) le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali.
2. Le spese di cui alla lettera b) del comma 1 sono deducibili anche se sono state sostenute per le persone indicate nell’articolo 433 del codice civile. Tale disposizione si applica altresì per gli oneri di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433 del codice civile se fiscalmente a carico. Sono altresì deducibili, fino all’importo di lire 3.000.000, i medesimi oneri versati per gli addetti ai servizi domestici e all’assistenza personale o familiare. Per gli oneri di cui alla lettera e-bis) del comma 1, sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, spetta la deduzione per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito. (1)
3. Gli oneri di cui alle lettere f), g) e h) del comma 1 sostenuti dalle società semplici di cui all’articolo 5 si deducono dal reddito complessivo dei singoli soci nella stessa proporzione prevista nel medesimo articolo 5 ai fini della imputazione del reddito. Nella stessa proporzione è deducibile, per quote costanti nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi, l’imposta di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, corrisposta dalle società stesse.
3-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell’unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all’articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata.
(1) La disposizione sarà interessata dalle modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 in vigore dal 1° gennaio 2008.

Articolo 11
Deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione

1. Dal reddito complessivo al netto degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, si deduce l’importo di 3.000 euro.
2. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), la deduzione di cui al comma 1 è aumentata di un importo pari a 4.500 euro, non cumulabile con quello previsto dai commi 3 e 4, rapportato al periodo di lavoro nell’anno.
3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), la deduzione di cui al comma 1 è aumentata di un importo pari a 4.000 euro, non cumulabile con quello previsto dai commi 2 e 4, rapportato al periodo di pensione nell’anno.
4. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di lavoro autonomo di cui al comma 1 dell’articolo 53 o di impresa di cui all’articolo 66, la deduzione di cui al comma 1 è aumentata di un importo pari a 1.500 euro, non cumulabile con quello previsto dai commi 2 e 3.
5. La deduzione di cui ai commi precedenti spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 26.000 euro, aumentato delle deduzioni indicate nei commi da 1 a 4 e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 26.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali.

Articolo 12
Deduzioni per oneri di famiglia

1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:
a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria da ripartire tra coloro che hanno diritto alla deduzione.
2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:
a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;
b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;
c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
3. Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2 spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a lire 5.500.000, al lordo degli oneri deducibili.
4. Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2 sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate a quello in cui sono cessate le condizioni richieste.
4-bis. Dal reddito complessivo si deducono, fino ad un massimo di 1.820 euro, le spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Le medesime spese sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.
4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2 e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali.

Articolo 13
Determinazione dell’imposta

1. L’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;
c) oltre 33.500 euro, 39 per cento.
1-bis. Se alla formazione del reddito complessivo, diminuito degli eventuali citati redditi di terreni e da abitazione principale, concorrono soltanto redditi di pensione non superiori a 7.500 euro, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e quello dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze l’imposta non è dovuta. Se, alle medesime condizioni previste nel periodo precedente, i redditi di pensione sono superiori a 7.500 euro ma non a 7.800 euro, non è dovuta la parte d’imposta netta eventualmente eccedente la differenza tra il reddito complessivo, diminuito degli eventuali citati redditi di terreni e da abitazione principale, e 7.500 euro.
2. L’imposta netta è determinata operando sull’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli articoli 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge.
3. Dall’imposta netta si detrae l’ammontare dei crediti di imposta spettanti al contribuente a norma dell’articolo 165. Se l’ammontare dei crediti di imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo di imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.

Articolo 14
Altre detrazioni

abrogato

Articolo 15
Detrazioni per oneri

1. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:
a) gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;
b) gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto stesso, per un importo non superiore a 7 milioni di lire. L’acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell’anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo. Non si tiene conto del suddetto periodo nel caso in cui l’originario contratto è estinto e ne viene stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati. In caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall’acquisto sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. La detrazione spetta non oltre il periodo d’imposta nel corso del quale è variata la dimora abituale; non si tiene conto delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro. Non si tiene conto, altresì, delle variazioni dipendenti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata. Nel caso l’immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall’acquisto. In caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo il limite di 7 milioni di lire è riferito all’ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti. La detrazione spetta, nello stesso limite complessivo e alle stesse condizioni, anche con riferimento alle somme corrisposte dagli assegnatari di alloggi di cooperative e dagli acquirenti di unità immobiliari di nuova costruzione, alla cooperativa o all’impresa costruttrice a titolo di rimborso degli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione relativi ai mutui ipotecari contratti dalla stessa e ancora indivisi. Se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; in caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote;
c) le spese sanitarie, per la parte che eccede lire 250 mila. Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica, diverse da quelle indicate nell’articolo 10, comma 1, lettera b), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere. Le spese riguardanti i mezzi necessari all’accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento e per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e le possibilità di integrazione dei soggetti di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si assumono integralmente. Tra i mezzi necessari per la locomozione dei soggetti indicati nel precedente periodo, con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, si comprendono i motoveicoli e gli autoveicoli di cui, rispettivamente, agli articoli 53, comma 1, lettere b), c) ed f), e 54, comma 1, lettere a), c), f) ed m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, anche se prodotti in serie e adattati in funzione delle suddette limitazioni permanenti delle capacità motorie. Tra i veicoli adattati alla guida sono compresi anche quelli dotati di solo cambio automatico, purché prescritto dalla commissione medica locale di cui all’articolo 119 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Tra i mezzi necessari per la locomozione dei non vedenti sono compresi i cani guida e gli autoveicoli rispondenti alle caratteristiche da stabilire con decreto del Ministro delle finanze. Tra i mezzi necessari per la locomozione dei sordomuti sono compresi gli autoveicoli rispondenti alle caratteristiche da stabilire con decreto del Ministro delle finanze. La detrazione spetta una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi in cui dal Pubblico registro automobilistico risulti che il suddetto veicolo sia stato cancellato da detto registro, e con riferimento a un solo veicolo, nei limiti della spesa di lire trentacinque milioni o, nei casi in cui risultasse che il suddetto veicolo sia stato rubato e non ritrovato, nei limiti della spesa massima di lire trentacinque milioni da cui va detratto l’eventuale rimborso assicurativo. È consentito, alternativamente, di ripartire la predetta detrazione in quattro quote annuali costanti e di pari importo. La medesima ripartizione della detrazione in quattro quote annuali di pari importo è consentita, con riferimento alle altre spese di cui alla presente lettera, nel caso in cui queste ultime eccedano, complessivamente, il limite di lire 30 milioni annue. Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d’imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta;
c-bis) le spese veterinarie, fino all’importo di lire 750.000, limitatamente alla parte che eccede lire 250.000. Con decreto del Ministero delle finanze sono individuate le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle predette spese;
c-ter) le spese sostenute per i servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordomuti, ai sensi della legge 26 maggio 1970, n. 381;
d) le spese funebri sostenute in dipendenza della morte di persone indicate nell’articolo 433 del codice civile e di affidati o affiliati, per importo non superiore a 3 milioni di lire per ciascuna di esse;
e) le spese per frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali;
f) i premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente non inferiore al 5 per cento da qualsiasi causa derivante, ovvero di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se l’impresa di assicurazione non ha facoltà di recesso dal contratto, per un importo complessivamente non superiore a lire 2 milioni e 500 mila. Con decreto del Ministero delle finanze, sentito l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), sono stabilite le caratteristiche alle quali devono rispondere i contratti che assicurano il rischio di non autosufficienza. Per i percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilato, si tiene conto, ai fini del predetto limite, anche dei premi di assicurazione in relazione ai quali il datore di lavoro ha effettuato la detrazione in sede di ritenuta;
g) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze. La detrazione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L’Amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio delle entrate del Ministero delle finanze delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi;
h) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell’articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l’organizzazione in Italia e all’estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali. Le iniziative culturali devono essere autorizzate, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, che deve approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni liberali fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi indicati nella presente lettera e controlla l’impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, o delle regioni e degli enti locali territoriali, nel caso di attività o manifestazioni in cui essi siano direttamente coinvolti, e sono destinate ad un fondo da utilizzare per le attività culturali previste per l’anno successivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali comunica, entro il 31 marzo di ciascun anno, al centro informativo del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze l’elenco nominativo dei soggetti erogatori, nonché l’ammontare delle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell’anno precedente;
h-bis) il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai soggetti e per le attività di cui alla lettera h);
i) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;
i-bis) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nei Paesi non appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nonché i contributi associativi, per importo non superiore a 2 milioni e 500 mila lire, versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all’articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. La detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni e contributi sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all’Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
i-ter) le erogazioni liberali in denaro per un importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a 1.500 euro, in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
i-quater) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Si applica l’ultimo periodo della lettera i-bis).
1-bis. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale.
1-ter. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, si detrae dall’imposta lorda, e fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento dell’ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro delle Comunità europee, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui contratti, a partire dal 1° gennaio 1998 e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale. Con decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le modalità e le condizioni alle quali è subordinata la detrazione di cui al presente comma.
1-quater. Dall’imposta lorda si detrae, nella misura forfettaria di lire un milione, la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida.
2. Per gli oneri indicati alle lettere c), e) e f) del comma 1 la detrazione spetta anche se sono stati sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, fermo restando, per gli oneri di cui alla lettera f), il limite complessivo ivi stabilito. Per gli oneri di cui alla lettera c) del medesimo comma 1 sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 che non si trovino nelle condizioni previste dal comma 3 del medesimo articolo, affette da patologie che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, la detrazione spetta per la parte che non trova capienza nell’imposta da esse dovuta, relativamente alle sole spese sanitarie riguardanti tali patologie, ed entro il limite annuo di lire 12.000.000.
3. Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 sostenuti dalle società semplici di cui all’art. 5 la detrazione spetta ai singoli soci nella stessa proporzione prevista nel menzionato articolo 5 ai fini della imputazione del reddito.

Articolo 16
Detrazioni per canoni di locazione

1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi, stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione, rapportata al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:
a) lire 960.000, se il reddito complessivo non supera lire 30.000.000;
b) lire 480.000, se il reddito complessivo supera lire 30.000.000 ma non lire 60.000.000.
1-bis. A favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione, e siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi e situate nel nuovo comune di residenza, a non meno di 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque al di fuori della propria regione, spetta una detrazione, per i primi tre anni, rapportata al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:
a) lire 1.920.000, se il reddito complessivo non supera lire 30 milioni;
b) lire 960.000, se il reddito complessivo supera lire 30 milioni ma non lire 60 milioni.

Articolo 17
Tassazione separata

1. L’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:
a) trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile e indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, compresi quelli contemplati alle lettere a), d) e g) del comma 1 dell’art. 50, anche nelle ipotesi di cui all’art. 2122 del codice civile; altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l’indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza ai sensi dell’art. 2125 del codice civile nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro;
a-bis) le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell’articolo 50, erogate in forma di capitale, ad esclusione del riscatto della posizione individuale ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, diverso da quello esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti; (1)
b) emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell’articolo 50 e al comma 2 dell’articolo 49;
c) indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2 dell’art. 53, se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto nonché, in ogni caso, le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
c-bis) l’indennità di mobilità di cui all’art. 7, comma 5, della L. 23 luglio 1991, n. 223, e trattamento di integrazione salariale di cui all’art. 1-bis del D.L. 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1994, n. 489, corrisposti anticipatamente;
d) indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone;
e) indennità percepite per la cessazione da funzioni notarili;
f) indennità percepite da sportivi professionisti al termine dell’attività sportiva ai sensi del settimo comma dell’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91, se non rientranti tra le indennità indicate alla lettera a);
g) plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni e redditi conseguiti in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di imprese commerciali esercitate da più di cinque anni;
g-bis) plusvalenze di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 67 realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione;
h) indennità per perdita dell’avviamento spettanti al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione e indennità di avviamento delle farmacie spettanti al precedente titolare;
i) indennità spettanti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a più anni;
l) redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società indicate nell’articolo 5 nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio, e redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, delle società stesse, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell’esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l’inizio della liquidazione è superiore a cinque anni;
m) abrogata
n) redditi compresi nelle somme o nel valore normale dei beni attribuiti alla scadenza dei contratti e dei titoli di cui alle lettere a), b), f) e g) del comma 1 dell’articolo 44, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, se il periodo di durata del contratto o del titolo è superiore a cinque anni;
n-bis) somme conseguite a titolo di rimborso di imposte o di oneri dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti. La presente disposizione non si applica alle spese rimborsate di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c), quinto e sesto periodo.
2. I redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma 1 sono esclusi dalla tassazione separata se conseguiti da società in nome collettivo o in accomandita semplice; se conseguiti da persone fisiche nell’esercizio di imprese commerciali, sono tassati separatamente a condizione che ne sia fatta richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale sarebbero imputabili come componenti del reddito di impresa.
3. Per i redditi indicati alle lettere da d) a f) del comma 1 e per quelli indicati alle lettere da g) a n-bis) non conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali il contribuente ha facoltà di non avvalersi della tassazione separata facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione. Per i redditi indicati alle lettere a), b), c) e c-bis) del comma 1 gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute con le modalità stabilite negli articoli 19 e 21 ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente.
(1) La disposizione sarà interessata dalle modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 in vigore dal 1° gennaio 2008.

Articolo 18
Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera

1. I redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti a soggetti residenti nei cui confronti in Italia si applica la ritenuta a titolo di imposta o l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, sono soggetti ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta a titolo d’imposta. Il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle distribuzioni di utili di cui all’articolo 27, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
2. Si considerano corrisposti da soggetti non residenti anche gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, nonché di quelli con regime fiscale equiparato, emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992.

Articolo 19
Indennità di fine rapporto

1. Il trattamento di fine rapporto costituisce reddito per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. L’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta.
1-bis. Se in uno o più degli anni indicati al comma 1 non vi è stato reddito imponibile, l’aliquota media si calcola con riferimento agli anni in cui vi è stato reddito imponibile; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno di tali anni, si applica l’aliquota stabilita dall’articolo 13 per il primo scaglione di reddito.
1-ter. Qualora il trattamento di fine rapporto sia relativo a rapporti di lavoro a tempo determinato, di durata effettiva non superiore a due anni, l’imposta determinata ai sensi del comma 1 è diminuita di un importo pari a lire 120 mila per ciascun anno; per i periodi inferiori ad un anno, tale importo è rapportato a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta.
2. Le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 17, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l’aliquota determinata agli effetti del comma 1. Tali indennità e somme, se corrisposte a titolo definitivo e in relazione ad un presupposto non connesso alla cessazione del rapporto di lavoro che ha generato il trattamento di fine rapporto, sono imponibili per il loro ammontare netto con l’aliquota determinata con i criteri di cui al comma 1.
2-bis. Le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente di cui alla lettera a), del comma 1, dell’articolo 17, sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a L. 600.000 per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; per i periodi inferiori all’anno la riduzione è rapportata a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta. L’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare netto, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. L’ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di previdenza.
3. Se per il lavoro prestato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 29 maggio 1982, n. 297 il trattamento di fine rapporto risulta calcolato in misura superiore ad una mensilità della retribuzione annua per ogni anno preso a base di commisurazione, ai fini della determinazione dell’aliquota ai sensi del comma 1 non si tiene conto dell’eccedenza.
4. Salvo conguaglio all’atto della liquidazione definitiva, sulle anticipazioni e sugli acconti relativi al trattamento di fine rapporto e alle indennità equipollenti, nonché sulle anticipazioni relative alle altre indennità e somme, si applica l’aliquota determinata, rispettivamente, a norma dei commi 1, 2 e 2-bis, considerando l’importo accantonato, aumentato dalle anticipazioni e degli acconti complessivamente erogati e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. Non si considerano anticipazioni le somme e i valori destinati alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.
4-bis. Per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), l’imposta si applica con l’aliquota pari alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità e somme indicate alla richiamata lettera a) del comma 1 dell’articolo 17.
5. Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 del codice civile e nell’ipotesi di cui al comma 3 dell’articolo 7 l’imposta, determinata a norma del presente articolo, è dovuta dagli aventi diritto proporzionalmente all’ammontare percepito da ciascuno; nella seconda ipotesi la quota dell’imposta sulle successioni proporzionali al credito indicato nella relativa dichiarazione è ammessa in deduzione dall’ammontare imponibile di cui ai precedenti commi.
6. Con decreti del Ministro delle finanze sono stabiliti i criteri e le modalità per lo scambio delle informazioni occorrenti ai fini dell’applicazione del comma 2 tra i soggetti tenuti alla corresponsione delle indennità e delle altre somme in dipendenza della cessazione del medesimo rapporto di lavoro.

Articolo 20 (1)
Prestazioni pensionistiche

1. Le prestazioni di cui alla lettera a-bis) del comma 1 dell’articolo 17 sono soggette ad imposta mediante l’applicazione dell’aliquota determinata con i criteri previsti al comma 1 dell’articolo 19, assumendo il numero degli anni e frazione di anno di effettiva contribuzione e l’importo imponibile della prestazione maturata, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta. Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 19, comma 1-bis.
2. Se la prestazione è non superiore a un terzo dell’importo complessivamente maturato alla data di accesso alla prestazione stessa, l’imposta si applica sull’importo al netto dei redditi già assoggettati ad imposta. Tale disposizione si applica altresì nei casi previsti dall’articolo 10, commi 3-ter e 3-quater, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nonché in caso di riscatto della posizione individuale ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo, esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, e comunque quando l’importo annuo della prestazione pensionistica spettante in forma periodica è inferiore al 50 per cento dell’assegno sociale di cui all’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
3. Salvo conguaglio all’atto della liquidazione definitiva della prestazione, le prestazioni pensionistiche erogate in caso di riscatto parziale di cui all’articolo 10, comma 1-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, o a titolo di anticipazione, sono soggette ad imposta con l’aliquota determinata ai sensi del comma 1, primo periodo, per il loro intero importo.
(1) La disposizione sarà interessata dalle modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 in vigore dal 1° gennaio 2008.

Articolo 20-bis (1)
Redditi dei soci delle società personali in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale e liquidazione

1. Ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all’articolo 17, comma 1, lettera l), si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 47, comma 7, indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata.
(1) Articolo introdotto dall’articolo 1 del Dlgs 247/2005.

Articolo 21
Determinazione dell’imposta per gli altri redditi tassati separatamente

1. Per gli altri redditi tassati separatamente, ad esclusione di quelli in cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 17 e di quelli imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di cui alla lettera l) del medesimo comma 1 dell’articolo 17, l’imposta è determinata applicando all’ammontare percepito, l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione ovvero, per i redditi e le somme indicati, rispettivamente, nelle lettere b), c-bis) e n-bis) del comma 1 dell’articolo 17, all’anno in cui sono percepiti. Per i redditi di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 17 e per quelli imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di cui alla lettera l) del medesimo comma 1 dell’articolo 17, l’imposta è determinata applicando all’ammontare conseguito o imputato, l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui i redditi sono stati rispettivamente conseguiti o imputati. Se per le somme conseguite a titolo di rimborso di cui alla lettera n-bis) del comma 1 dell’articolo 17 è stata riconosciuta la detrazione, l’imposta è determinata applicando un’aliquota non superiore al 27 per cento.
2. Nell’ipotesi di cui al comma 3 dell’articolo 7 si procede alla tassazione separata nei confronti degli eredi e dei legatari; l’imposta dovuta da ciascuno di essi è determinata applicando all’ammontare percepito, diminuito della quota dell’imposta sulle successioni proporzionale al credito indicato nella relativa dichiarazione, l’aliquota corrispondente alla metà del suo reddito complessivo netto nel biennio anteriore all’anno in cui si è aperta la successione.
3. Se in uno dei due anni anteriori non vi è stato reddito imponibile si applica l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno dei due anni si applica l’aliquota stabilita all’articolo 13 per il primo scaglione di reddito.
4. Per gli emolumenti arretrati di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 17 l’imposta determinata ai sensi dei precedenti commi è ridotta di un importo pari a quello delle detrazioni previste nell’articolo 12 e nei commi 1 e 2 dell’articolo 14 se e nella misura in cui non siano state fruite per ciascuno degli anni cui gli arretrati si riferiscono. Gli aventi diritto agli arretrati devono dichiarare al soggetto che li corrisponde l’ammontare delle detrazioni fruite per ciascuno degli anni cui si riferiscono.
5. Per i redditi indicati alle lettere c), d), e) ed f) del comma 1 dell’articolo 17 l’imposta si applica anche sulle eventuali anticipazioni salvo conguaglio.

Articolo 22
Scomputo degli acconti

1. Dall’imposta determinata a norma dei precedenti articoli si scomputano nell’ordine: a) l’ammontare dei crediti per le imposte pagate all’estero secondo le modalità di cui all’articolo 165; b) i versamenti eseguiti dal contribuente in acconto dell’imposta; c) le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo e su quelli tassati separatamente. Le ritenute operate dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi si scomputano dall’imposta relativa al periodo di imposta nel quale sono state operate. Le ritenute operate sui redditi delle società, associazioni e imprese indicate nell’articolo 5 si scomputano, nella proporzione ivi stabilita, dalle imposte dovute dai singoli soci, associati o partecipanti.
2. Se l’ammontare complessivo dei crediti di imposta, dei versamenti e delle ritenute, è superiore a quello dell’imposta netta sul reddito complessivo, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta del periodo d’imposta successiva o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. Per i redditi tassati separatamente, se l’ammontare delle ritenute, dei versamenti e dei crediti è superiore a quello dell’imposta netta di cui agli articoli 19 e 21, il contribuente ha diritto al rimborso dell’eccedenza.

Articolo 23
Applicazione dell’imposta ai non residenti

1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato:
a) i redditi fondiari;
b) i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali;
c) i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 50;
d) i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato;
e) i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni;
f) i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione:
1) delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell’articolo 67, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute;
2) delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti;
3) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento d’intermediari, in mercati regolamentati;
g) i redditi di cui agli articoli 5, 115 e 116 imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti (113).
2. Indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma 1 si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti:
a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) e f) del comma 1 dell’articolo 17;
b) i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere c), c-bis), f), h), h-bis), i) e l) del comma 1 dell’articolo 50;
c) i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di marchi di impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico;
d) i compensi corrisposti da imprese, società o enti non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto nel territorio dello Stato.

Articolo 24
Determinazione dell’imposta dovuta dai non residenti

1. Nei confronti dei non residenti l’imposta si applica sul reddito complessivo e sui redditi tassati separatamente a norma dei precedenti articoli, salvo il disposto dei commi 2 e 3.
2. Dal reddito complessivo sono deducibili soltanto gli oneri di cui alle lettere a), g), h), i) e l) del comma 1 dell’articolo 10.
3. Le detrazioni di cui all’articolo 15 (119) spettano soltanto per gli oneri indicati alle lettere a), b), g), h), h-bis) e i) dello stesso articolo. Le detrazioni per carichi di famiglia non competono.

Capo II – Redditi fondiari

Articolo 25
Redditi fondiari

1. Sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano.
2. I redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati.

Articolo 26
Imputazione dei redditi fondiari

1. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 33, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
2. Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.
3. Se il possesso dell’immobile è stato trasferito, in tutto o in parte, nel corso del periodo di imposta, il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto proporzionalmente alla durata del suo possesso.

Articolo 27
Reddito dominicale dei terreni

1. Il reddito dominicale è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32.
2. Non si considerano produttivi di reddito dominicale i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, quelli dati in affitto per usi non agricoli, nonché quelli produttivi di reddito di impresa di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 55.

Articolo 28
Determinazione del reddito dominicale

1. Il reddito dominicale è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite, secondo le norme della legge catastale, per ciascuna qualità e classe di terreno.
2. Le tariffe d’estimo sono sottoposte a revisione quando se ne manifesti l’esigenza per sopravvenute variazioni nelle quantità e nei prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione o nell’organizzazione e strutturazione aziendale, e comunque ogni dieci anni.
3. La revisione è disposta con decreto del Ministro delle finanze, previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata, d’ufficio o su richiesta dei comuni interessati, anche per singole zone censuarie e per singole qualità e classi di terreni. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati.
4. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall’anno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe d’estimo.
4-bis. Il reddito dominicale delle superfici adibite alle colture prodotte in serra o alla funghicoltura, in mancanza della corrispondente qualità nel quadro di qualificazione catastale, è determinato mediante l’applicazione della tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia.

Articolo 29
Variazioni del reddito dominicale

1. Dà luogo a variazioni del reddito dominicale in aumento la sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di maggiore reddito.
2. Danno luogo a variazioni del reddito dominicale in diminuzione: a) la sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di minore reddito; b) la diminuzione della capacità produttiva del terreno per naturale esaurimento o per altra causa di forza maggiore, anche se non vi è stato cambiamento di coltura, ovvero per eventi fitopatologici o entomologici interessanti le piantagioni.
3. Non si tiene conto delle variazioni dipendenti da deterioramenti intenzionali o da circostanze transitorie.
4. Le variazioni indicate nei commi 1 e 2 danno luogo a revisione del classamento dei terreni cui si riferiscono. Se a tali terreni non si possono attribuire qualità o classi già esistenti nel comune o nella sezione censuaria, si applicano le tariffe più prossime per ammontare fra quelle attribuite a terreni della stessa qualità di coltura ubicati in altri comuni o sezioni censuarie, purché in condizioni agrologicamente equiparabili. Tuttavia se detti terreni risultano di rilevante estensione o se la loro redditività diverge sensibilmente dalle tariffe applicate nel comune o nella sezione censuaria, si istituiscono per essi apposite qualità e classi, secondo le norme della legge catastale.
5. Quando si verificano variazioni a carattere permanente nello stato delle colture e in determinati comuni o sezioni censuarie, può essere in ogni tempo disposta con decreto del Ministro delle finanze, su richiesta della Commissione censuaria distrettuale o d’ufficio e in ogni caso previo parere della Commissione censuaria centrale, l’istituzione di nuove qualità e classi in sostituzione di quelle esistenti.

Articolo 30
Denuncia e decorrenza delle variazioni

1. Le variazioni del reddito dominicale contemplate dai commi 1 e 2 dell’articolo 29 devono essere denunciate dal contribuente all’ufficio tecnico erariale. Nella denuncia devono essere indicate la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono; se queste riguardano porzioni di particelle deve essere unita la dimostrazione grafica del frazionamento.
2. Le variazioni in aumento devono essere denunciate entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti indicati nel comma 1 dell’articolo 29 e hanno effetto da tale anno.
3. Le variazioni in diminuzione hanno effetto dall’anno in cui si sono verificati i fatti indicati nel comma 2 dell’articolo 29 se la denuncia è stata presentata entro il 31 gennaio dell’anno successivo; se la denuncia è stata presentata dopo, dall’anno in cui è stata presentata.
4. Le variazioni del reddito dominicale contemplate dal comma 5 dell’articolo 29 hanno effetto dall’anno successivo a quello di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.

Articolo 31
Perdite per mancata coltivazione e per eventi naturali

1. Se un fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali non sia stato coltivato, neppure in parte, per un’intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l’anno in cui si è chiusa l’annata agraria, si considera pari al 30 per cento di quello determinato a norma dei precedenti articoli.
2. In caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30 per cento del prodotto ordinario del fondo rustico preso a base per la formazione delle tariffe d’estimo, il reddito dominicale, per l’anno in cui si è verificata la perdita, si considera inesistente. L’evento dannoso deve essere denunciato dal possessore danneggiato entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non sia esattamente determinabile, almeno quindici giorni prima dell’inizio del raccolto. La denuncia deve essere presentata all’ufficio tecnico erariale, che provvede all’accertamento della diminuzione del prodotto, sentito l’ispettorato provinciale dell’agricoltura, e la trasmette all’ufficio delle imposte.
3. Se l’evento dannoso interessa una pluralità di fondi rustici gli uffici tecnici erariali, su richiesta dei sindaci dei comuni interessati o di altri soggetti nell’interesse dei possessori danneggiati, sentiti gli ispettorati provinciali della agricoltura, provvedono alla delimitazione delle zone danneggiate e all’accertamento della diminuzione dei prodotti e trasmettono agli uffici delle imposte nel cui distretto sono situati i fondi le corografie relative alle zone delimitate, indicando le ditte catastali comprese in detta zona e il reddito dominicale relativo a ciascuna di esse.
4. Ai fini del presente articolo il fondo rustico deve essere costituito da particelle catastali riportate in una stessa partita e contigue l’una all’altra in modo da formare un unico appezzamento. La contiguità non si considera interrotta da strade, ferrovie e corsi di acqua naturali o artificiali eventualmente interposti.

Articolo 32
Reddito agrario

1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.
2. Sono considerate attività agricole:
a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;
c) le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.
3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lettera b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata.
4. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni indicati nel comma 2 dell’articolo 27.

Articolo 33
Imputazione del reddito agrario

1. Se il terreno è dato in affitto per uso agricolo, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo dell’affittuario, anziché quello del possessore, a partire dalla data in cui ha effetto il contratto.
2. Nei casi di conduzione associata, salvo il disposto dell’articolo 5, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza. Il possessore del terreno o l’affittuario deve allegare alla dichiarazione dei redditi un atto sottoscritto da tutti gli associati dal quale risultino la quota del reddito agrario spettante a ciascuno e la decorrenza del contratto. Mancando la sottoscrizione anche di un solo associato o l’indicazione della ripartizione del reddito si presume che questo sia ripartito in parti uguali.

Articolo 34
Determinazione del reddito agrario

1. Il reddito agrario è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale.
2. Le tariffe d’estimo sono sottoposte a revisione secondo le disposizioni dell’articolo 28. Alle revisioni si procede contemporaneamente a quelle previste nel detto articolo agli effetti del reddito dominicale.
3. Le revisioni del classamento disposte ai sensi degli articoli 29 e 30 valgono anche per i redditi agrari. Per i terreni condotti in affitto o in forma associata le denunce di cui all’articolo 30 possono essere presentate anche dall’affittuario o da uno degli associati.
4. Per la determinazione del reddito agrario delle superfici adibite alle colture prodotte in serra o alla funghicoltura si applica la disposizione del comma 4-bis dell’articolo 28.

Articolo 35
Perdite per mancata coltivazione e per eventi naturali

1. Nelle ipotesi previste dall’articolo 31 il reddito agrario si considera inesistente.

Articolo 36
Reddito dei fabbricati

1. Il reddito dei fabbricati è costituito dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unità immobiliare urbana.
2. Per unità immobiliari urbane si intendono i fabbricati e le altre costruzioni stabili o le loro porzioni suscettibili di reddito autonomo. Le aree occupate dalle costruzioni e quelle che ne costituiscono pertinenze si considerano parti integranti delle unità immobiliari.
3. Non si considerano produttive di reddito, se non sono oggetto di locazione, le unità immobiliari destinate esclusivamente all’esercizio del culto, compresi i monasteri di clausura, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione e le loro pertinenze. Non si considerano, altresì, produttive di reddito le unità immobiliari per le quali sono state rilasciate licenze, concessioni o autorizzazioni per restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, limitatamente al periodo di validità del provvedimento durante il quale l’unità immobiliare non è comunque utilizzata.
3-bis. Il reddito imputabile a ciascun condomino derivante dagli immobili di cui all’articolo 1117, n. 2, del codice civile oggetto di proprietà comune, cui è attribuita o attribuibile un’autonoma rendita catastale, non concorre a formare il reddito del contribuente se d’importo non superiore a lire 50 mila.

Articolo 37
Determinazione del reddito dei fabbricati

1. Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.
2. Le tariffe d’estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l’esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni dieci anni. La revisione è disposta con decreto del Ministro delle finanze previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati.
3. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall’anno di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe, ovvero, nel caso di stima diretta, dall’anno in cui è stato notificato il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell’acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall’anno successivo.
4. Il reddito delle unità immobiliari non ancora iscritte in catasto è determinato comparativamente a quello delle unità similari già iscritte.
4-bis. Qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 15 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento.
4-ter. abrogato
4-quater. abrogato

Articolo 38
Variazioni del reddito dei fabbricati

1. Se per un triennio il reddito lordo effettivo di una unità immobiliare differisce dalla rendita catastale per almeno il 50 per cento di questa, l’ufficio tecnico erariale, su segnalazione dell’ufficio delle imposte o del comune o su domanda del contribuente, procede a verifica ai fini del diverso classamento dell’unità immobiliare, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, della nuova determinazione della rendita. Il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti; in mancanza di questi, è determinato comparativamente ai canoni di locazione di unità immobiliari aventi caratteristiche similari e ubicate nello stesso fabbricato o in fabbricati viciniori.
2. Se la verifica interessa un numero elevato di unità immobiliari di una zona censuaria, il Ministro delle finanze, previo parere della Commissione censuaria centrale, dispone per l’intera zona la revisione del classamento e la stima diretta dei redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare.

Articolo 39
Decorrenza delle variazioni

1. Le variazioni del reddito risultanti dalle revisioni effettuate a norma dell’articolo 38 hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo al triennio in cui si sono verificati i presupposti per la revisione.

Articolo 40
Fabbricati di nuova costruzione

1. Il reddito dei fabbricati di nuova costruzione concorre a formare il reddito complessivo dalla data in cui il fabbricato è divenuto atto all’uso cui è destinato o è stato comunque utilizzato dal possessore.

Articolo 41
Unità immobiliari non locate

1. Se le unità immobiliari ad uso di abitazione, possedute in aggiunta a quelle adibite ad abitazione principale del possessore o di suoi familiari o all’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali da parte degli stessi, sono utilizzate direttamente, anche come residenze secondarie, dal possessore o da suoi familiari o sono comunque tenute a propria disposizione, il reddito è aumentato di un terzo.

Articolo 42
Costruzioni rurali

1. Non si considerano produttive di reddito di fabbricati le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali, e relative pertinenze, appartenenti al possessore o all’affittuario dei terreni cui servono e destinate:
a) alla abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche dell’immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate;
b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 32 e di quelli occorrenti per la coltivazione;
c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;
d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 32.

Articolo 43
Immobili non produttivi di reddito fondiario

1. Non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l’esercizio di arti e professioni.
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore. Gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o comodato, salvo quanto disposto nell’art. 65, comma 1. Si considerano, altresì, strumentali gli immobili di cui all’ultimo periodo del comma 1-bis dell’articolo 95 per il medesimo periodo temporale ivi indicato.

Capo III – Redditi di capitale

Articolo 44
Redditi di capitale

1. Sono redditi di capitale:
a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;
b) gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa;
c) le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile;
d) i compensi per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia;
e) gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, salvo il disposto della lettera d) del comma 2 dell’articolo 53; è ricompresa tra gli utili la remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento;
f) gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del codice civile, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’articolo 53;
g) i proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti;
g-bis) i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute;
g-ter) i proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito;
g-quater) i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione;
g-quinquies) i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell’articolo 50 erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale;
h) gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.
2. Ai fini delle imposte sui redditi:
a) si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi. Le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente; a tale fine l’indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi; (1)
b) abrogata (2)

si considerano similari alle obbligazioni:
1) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell’articolo 29 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510;
2) i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa.
(1) Lettera così sostituita dal comma 1 dell’articolo 2 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 2.
(2) Lettera abrogata dal comma 1 dell’articolo 2 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 2
.

Articolo 45
Determinazione del reddito di capitale

1. Il reddito di capitale è costituito dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione. Nei redditi di cui alle lettere a), b), f), e g) del comma 1 dell’articolo 44 è compresa anche la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione o la somma impiegata, apportata o affidata in gestione, ovvero il valore normale dei beni impiegati, apportati od affidati in gestione. I proventi di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 44 sono determinati valutando le somme impiegate, apportate o affidate in gestione nonché le somme percepite o il valore normale dei beni ricevuti, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui le somme o i valori sono impiegati o incassati. Qualora la differenza tra la somma percepita od il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione dei titoli o certificati indicati nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 44 sia determinabile in tutto od in parte in funzione di eventi o di parametri non ancora certi o determinati alla data di emissione dei titoli o certificati, la parte di detto importo, proporzionalmente riferibile al periodo di tempo intercorrente fra la data di emissione e quella in cui l’evento od il parametro assumono rilevanza ai fini della determinazione della differenza, si considera interamente maturata in capo al possessore a tale ultima data. I proventi di cui alla lettera g-bis) del comma 1 dell’articolo 44 sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi globali di trasferimento dei titoli e delle valute. Da tale differenza si scomputano gli interessi e gli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi. I corrispettivi a pronti e a termine espressi in valuta estera sono valutati, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui sono pagati o incassati. Nei proventi di cui alla lettera g-ter) si comprende, oltre al compenso per il mutuo, anche il controvalore degli interessi e degli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto.
2. Per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.
3. Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente si considerano percepiti anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto.
4. I capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati. Si considera corrisposto anche il capitale convertito in rendita a seguito di opzione. La predetta disposizione non si applica in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di capitale ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni.
4-bis. Le somme od il valore normale dei beni distribuiti, anche in sede di riscatto o di liquidazione, dagli organismi d’investimento collettivo mobiliari, nonché le somme od il valore normale dei beni percepiti in sede di cessione delle partecipazioni ai predetti organismi costituiscono proventi per un importo corrispondente alla differenza positiva tra l’incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data della distribuzione, riscatto, liquidazione o cessione e l’incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data di sottoscrizione od acquisto. L’incremento di valore delle azioni o quote è rilevato dall’ultimo prospetto predisposto dalla società di gestione.
4-ter. I redditi di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1 dell’articolo 44 sono costituiti dalla differenza tra l’importo di ciascuna rata di rendita o di prestazione pensionistica erogata e quello della corrispondente rata calcolata senza tener conto dei rendimenti finanziari.

Articolo 46
Versamenti dei soci

1. Le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo.
2. La disposizione del comma 1 vale anche per le somme versate alle associazioni e ai consorzi dai loro associati o partecipanti.

Articolo 47
Utili da partecipazione

1. Salvi i casi di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell’articolo 73, anche in occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare. Indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle del comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.
2. Le renumerazioni dei contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo nella stessa percentuale di cui al comma 1, qualora il valore dell’apporto sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto nel caso in cui si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni; se l’associante determina il reddito in base alle disposizioni di cui all’articolo 66, gli utili di cui al periodo precedente concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo dell’associato nella misura del 40 per cento, qualora l’apporto è superiore al 25 per cento della somma delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 e del costo complessivo dei beni ammortizzabili determinato con i criteri di cui all’articolo 110 al netto dei relativi ammortamenti. Per i contratti stipulati con associanti non residenti, la disposizione del periodo precedente si applica nel rispetto delle condizioni indicate nell’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo; ove tali condizioni non siano rispettate le remunerazioni concorrono alla formazione del reddito per il loro intero ammontare. (1)
3. Nel caso di distribuzione di utili in natura, il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale degli stessi alla data individuata dalla lettera a) del comma 2 dell’articolo 109.
4. Nonostante quanto previsto dai commi precedenti, concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 167, comma 4, salvo nel caso in cui gli stessi non siano già stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 167 e dell’articolo 168 o se ivi residenti sia avvenuta dimostrazione, a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, del rispetto delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell’articolo 87. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche alle remunerazioni di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), relative a contratti stipulati con associanti residenti nei predetti Paesi o territori. (2)
5. Non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società soggette all’imposta sul reddito delle società a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta; tuttavia le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
6. In caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l’aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci. Tuttavia se e nella misura in cui l’aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 5, la riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è considerata distribuzione di utili; la riduzione si imputa con precedenza alla parte dell’aumento complessivo di capitale derivante dai passaggi a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 5, a partire dal meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono diversamente.
7. Le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.
8. Le disposizioni del presente articolo valgono, in quanto applicabili, anche per gli utili derivanti dalla partecipazione in enti, diversi dalle società, soggetti all’imposta di cui al titolo II.
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 2 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 2.
(2) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 2 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 2.

Articolo 48
Redditi imponibili ad altro titolo

1. Non costituiscono redditi di capitale gli interessi, gli utili e gli altri proventi di cui ai precedenti articoli conseguiti dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), e dalle stabili organizzazioni dei soggetti di cui alla lettera d) del medesimo comma, nonché quelli conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali.
2. I proventi di cui al comma 1, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, concorrono a formare il reddito complessivo come componenti del reddito d’impresa.
Capo IV – Redditi di lavoro dipendente

Articolo 49
Redditi di lavoro dipendente

1. Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro.
2. Costituiscono, altresì, redditi di lavoro dipendente:
a) le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati;
b) le somme di cui all’art. 429, ultimo comma, del codice di procedura civile.

Articolo 50
Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

1. Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente:
a) i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;
b) le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
c) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;
c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 53, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente;
d) le remunerazioni dei sacerdoti, di cui agli articoli 24, 33, lettera a), e 34 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nonché le congrue e i supplementi di congrua di cui all’articolo 33, primo comma, della legge 26 luglio 1974, n. 343;
e) i compensi per l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, del personale di cui all’articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e del personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nei limiti e alle condizioni di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
f) le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un’arte o professione di cui all’articolo 53, comma 1, e non siano state effettuate nell’esercizio di impresa commerciale, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
g) le indennità di cui all’articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e all’articolo 1 della legge 13 agosto 1979, n. 384, percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione e alla legge 27 dicembre 1985, n. 816, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l’assegno del Presidente della Repubblica;
h) le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale. Le rendite aventi funzione previdenziale sono quelle derivanti da contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese autorizzate dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP) ad operare nel territorio dello Stato, o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazioni di servizi, che non consentano il riscatto della rendita successivamente all’inizio dell’erogazione;
h-bis) le prestazioni pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, comunque erogate;
i) gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 44;
l) i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative.
2. I redditi di cui alla lettera a) del comma 1 sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente a condizione che la cooperativa sia iscritta nel registro prefettizio o nello schedario generale della cooperazione, che nel suo statuto siano inderogabilmente indicati i princìpi della mutualità stabiliti dalla legge e che tali princìpi siano effettivamente osservati.
3. Per i redditi indicati alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 1 l’assimilazione ai redditi di lavoro dipendente non comporta le detrazioni previste dall’articolo 14.

Articolo 51
Determinazione del reddito di lavoro dipendente

1. Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono.
2. Non concorrono a formare il reddito:
a) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge; i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente a lire 7.000.000 fino all’anno 2002 e a lire 6.000.000 per l’anno 2003, diminuite negli anni successivi in ragione di lire 500.000 annue fino a lire 3.500.000. Fermi restando i suddetti limiti, a decorrere dal 1° gennaio 2003 il suddetto importo è determinato dalla differenza tra lire 6.500.000 e l’importo dei contributi versati, entro i valori fissati dalla lettera e-ter) del comma 1 dell’articolo 10, ai Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
b) le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo d’imposta a lire 500.000, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente e quelli corrisposti a dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172;
c) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di lire 10.240, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione;
d) le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici;
e) i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f) del comma 1 dell’articolo 50;
f) l’utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell’articolo 100 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell’articolo 12;
f-bis) le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per frequenza di asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari;
g) il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a lire 4 milioni, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione;
g-bis) la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta; se le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento, la predetta differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito;
h) le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all’articolo 10 e alle condizioni ivi previste, nonché le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese sanitarie di cui allo stesso articolo 10, comma 1, lettera b). Gli importi delle predette somme ed erogazioni devono essere attestate dal datore di lavoro;
i) le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupiers) direttamente o per effetto del riparto a cura di appositi organismi costituiti all’interno dell’impresa nella misura del 25 per cento dell’ammontare percepito nel periodo d’imposta;
i-bis) le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima, per il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di anzianità, dopo aver maturato i requisiti minimi secondo la vigente normativa.
2-bis. Le disposizioni di cui alle lettere g) e g-bis) del comma 2 si applicano esclusivamente alle azioni emesse dall’impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.
3. Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a lire 500.000; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
4. Ai fini dell’applicazione del comma 3:
a) per gli autoveicoli indicati nell’articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, si assume il 30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente;
b) in caso di concessione di prestiti si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Tale disposizione non si applica per i prestiti stipulati anteriormente al 1° gennaio 1997, per quelli di durata inferiore ai dodici mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti in contratto di solidarietà o in cassa integrazione guadagni o a dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172;
c) per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso. Per i fabbricati concessi in connessione all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso, si assume il 30 per cento della predetta differenza. Per i fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto si assume la differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato;
c-bis) per i servizi di trasporto ferroviario di persone prestati gratuitamente, si assume, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti, l’importo corrispondente all’introito medio per passeggero/chilometro, desunto dal Conto nazionale dei trasporti e stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per una percorrenza media convenzionale, riferita complessivamente ai soggetti di cui al comma 3, di 2.600 chilometri. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è emanato entro il 31 dicembre di ogni anno ed ha effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data della sua emanazione.
5. Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito.
6. Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, nonché le indennità di cui all’articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della presente disposizione.
7. Le indennità di trasferimento, quelle di prima sistemazione e quelle equipollenti, non concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore a lire 3 milioni per i trasferimenti all’interno del territorio nazionale e 9 milioni per quelli fuori dal territorio nazionale o a destinazione in quest’ultimo. Se le indennità in questione, con riferimento allo stesso trasferimento, sono corrisposte per più anni, la presente disposizione si applica solo per le indennità corrisposte per il primo anno. Le spese di viaggio, ivi comprese quelle dei familiari fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 12 (212/a), e di trasporto delle cose, nonché le spese e gli oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto trasferimento della sede di lavoro, se rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente documentate, non concorrono a formare il reddito anche se in caso di contemporanea erogazione delle suddette indennità.
8. Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero costituiscono reddito nella misura del 50 per cento. Se per i servizi prestati all’estero dai dipendenti delle amministrazioni statali la legge prevede la corresponsione di una indennità base e di maggiorazioni ad esse collegate concorre a formare il reddito la sola indennità base nella misura del 50 per cento. Qualora l’indennità per servizi prestati all’estero comprenda emolumenti spettanti anche con riferimento all’attività prestata nel territorio nazionale, la riduzione compete solo sulla parte eccedente gli emolumenti predetti. L’applicazione di questa disposizione esclude l’applicabilità di quella di cui al comma 5.
8-bis. In deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398.
9. Gli ammontari degli importi che ai sensi del presente articolo non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente possono essere rivalutati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, quando la variazione percentuale del valore medio dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo al periodo di dodici mesi terminante al 31 agosto supera il 2 per cento rispetto al valore medio del medesimo indice rilevato con riferimento allo stesso periodo dell’anno 1998. A tal fine, entro il 30 settembre, si provvede alla ricognizione della predetta percentuale di variazione. Nella legge finanziaria relativa all’anno per il quale ha effetto il suddetto decreto si farà fronte all’onere derivante dall’applicazione del medesimo decreto.

Articolo 52
Determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

1. Ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le disposizioni dell’articolo 51 salvo quanto di seguito specificato:
a) abrogata
a-bis) ai fini della determinazione del reddito di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 50, i compensi percepiti dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale per l’attività libero-professionale intramuraria, esercitata presso studi professionali privati a seguito di autorizzazione del direttore generale dell’azienda sanitaria, costituiscono reddito nella misura del 75 per cento;
b) ai fini della determinazione delle indennità di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 50, non concorrono, altresì, a formare il reddito le somme erogate ai titolari di cariche elettive pubbliche, nonché a coloro che esercitano le funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione, a titolo di rimborso di spese, purché l’erogazione di tali somme e i relativi criteri siano disposti dagli organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi. Gli assegni vitalizi di cui alla predetta lettera g) del comma 1 dell’articolo 50, sono assoggettati a tassazione per la quota parte che non deriva da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore già assoggettate a ritenute fiscali. Detta quota parte è determinata, per ciascun periodo d’imposta, in misura corrispondente al rapporto complessivo delle trattenute effettuate, assoggettate a ritenute fiscali, e la spesa complessiva per assegni vitalizi. Il rapporto va effettuato separatamente dai distinti soggetti erogatori degli assegni stessi, prendendo a base ciascuno i propri elementi;
c) per le rendite e gli assegni indicati alle lettere h) e i) del comma 1 dell’articolo 50 non si applicano le disposizioni del predetto articolo 51. Le predette rendite e assegni si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli.
d) per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1, dell’articolo 50, erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato articolo 51. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1, dell’articolo 44, se determinabili; (1)
d-bis) i compensi di cui alla lettera l) del comma 1 dell’articolo 50, percepiti dai soggetti che hanno raggiunto l’età prevista dalla vigente legislazione per la pensione di vecchiaia e che possiedono un reddito complessivo di importo non superiore a lire 18 milioni al netto della deduzione prevista dall’articolo 10, comma 3-bis per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e per le relative pertinenze, costituiscono reddito per la parte che eccede complessivamente nel periodo d’imposta lire sei milioni;
d-ter) per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1, dell’articolo 50, erogate in forma capitale a seguito di riscatto della posizione individuale ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, diverso da quello esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, non si applicano le disposizioni del richiamato articolo 51. Le stesse assumono al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, se determinabili. (1)
(1) La disposizione sarà interessata dalle modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 in vigore dal 1° gennaio 2008.

Capo V – Redditi di lavoro autonomo

Articolo 53
Redditi di lavoro autonomo

1. Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 5.
2. Sono inoltre redditi di lavoro autonomo:
a) abrogata
b) i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali;
c) le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 44 quando l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro;
d) le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
e) le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia;
f) i redditi derivanti dall’attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della legge 12 giugno 1973, n. 349.
3. Per i redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo, di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91, si applicano le disposizioni relative ai redditi indicati alla lettera a) del comma 2.

Articolo 54
Determinazione del reddito di lavoro autonomo

1. Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.
2. Per i beni strumentali per l’esercizio dell’arte o professione, esclusi gli immobili e gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui al comma 5, sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei, con decreto del Ministro delle finanze. È tuttavia consentita la deduzione integrale, nel periodo di imposta in cui sono state sostenute, delle spese di acquisizione di beni strumentali il cui costo unitario non sia superiore a 1 milione di lire. La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni mobili è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel predetto decreto. Per gli immobili strumentali per l’esercizio dell’arte o professione utilizzati in base a contratto di locazione finanziaria è ammesso in deduzione un importo pari alla rendita catastale. I canoni di locazione finanziaria di beni mobili sono deducibili nel periodo di imposta in cui maturano. Le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria di immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei quattro successivi.
3. Le spese relative all’acquisto di beni mobili diversi da quelli indicati nel comma 4, adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente sono ammortizzabili, o deducibili se il costo unitario non è superiore a 1 milione di lire, nella misura del 50 per cento; nella stessa misura sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all’impiego di tali beni. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita catastale, anche se utilizzati in base a contratto di locazione finanziaria, ovvero una somma pari al 50 per cento del canone di locazione, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione. Nella stessa misura sono deducibili le spese per i servizi relativi a tali immobili nonché quelle relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati.
3-bis. Le quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa di cui al n. 131 della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, sono deducibili nella misura del 50 per cento.
4. abrogato
5. Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi sono deducibili per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Le spese di rappresentanza sono deducibili nei limiti dell’1 per cento dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Sono comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’arte o professione, nonché quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di beni destinati ad essere ceduti a titolo gratuito; le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare.
6. Tra le spese per prestazioni di lavoro deducibili si comprendono, salvo il disposto di cui al comma 6-bis), anche le quote delle indennità di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell’articolo 17 maturate nel periodo di imposta. Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti degli esercenti arti e professioni sono deducibili nelle misure previste dal comma 1-ter dell’articolo 95.
6-bis. Non sono ammesse deduzioni per i compensi al coniuge, ai figli, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché agli ascendenti dell’artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti dell’artista o professionista ovvero della società o associazione. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti.
7. abrogato
8. I redditi indicati alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 53 sono costituiti dall’ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese; le partecipazioni agli utili e le indennità di cui alle lettere c), d), ed e) costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta. I redditi indicati alla lettera f) dello stesso comma sono costituiti dall’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese.
8-bis. In deroga al principio della determinazione analitica del reddito, la base imponibile per i rapporti di cooperazione dei volontari e dei cooperanti è determinata sulla base dei compensi convenzionali fissati annualmente con decreto del Ministero degli affari esteri di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, indipendentemente dalla durata temporale e dalla natura del contratto purché stipulato da organizzazione non governativa riconosciuta idonea ai sensi dell’articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.

Capo VI – Redditi di impresa

Articolo 55
Redditi d’impresa

1. Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
2. Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
a) i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c.;
b) i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne
c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.
3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo.

Articolo 56
Determinazione del reddito d’impresa

1. Il reddito d’impresa è determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II, salvo quanto stabilito nel presente capo. Le disposizioni della predetta sezione I, relative alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), valgono anche per le società in nome collettivo e in accomandita semplice.
2. Se dall’applicazione del comma 1 risulta una perdita, questa, al netto dei proventi esenti dall’imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6, è computata in diminuzione del reddito complessivo a norma dell’articolo 8.
3. Oltre ai proventi di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 91, non concorrono alla formazione del reddito:
a) le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone;
b) le plusvalenze, le indennità e gli altri redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma 1 dell’articolo 17, quando ne è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dello stesso articolo.
4. Ai fini dell’applicazione del comma 2 non rileva la quota esente dei proventi di cui all’articolo 87, determinata secondo quanto previsto nel presente capo.
5. Nei confronti dei soggetti che esercitano attività di allevamento di animali oltre il limite di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 32 il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito d’impresa nell’ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione. Il valore medio e il coefficiente di cui al primo periodo sono stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali. Le disposizioni del presente comma non si applicano nei confronti dei redditi di cui all’articolo 55, comma 2, lettera c). Il coefficiente moltiplicatore non si applica agli allevatori che si avvalgono esclusivamente dell’opera di propri familiari quando, per la natura del rapporto, non si configuri l’impresa familiare. Il contribuente ha facoltà, in sede di dichiarazione dei redditi, di non avvalersi delle disposizioni del presente comma. Ai fini del rapporto di cui all’articolo 96, i proventi dell’allevamento di animali di cui al presente comma, si computano nell’ammontare ivi stabilito. Se il periodo d’imposta è superiore o inferiore a dodici mesi, i redditi di cui al presente comma sono ragguagliati alla durata di esso (1).
(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 3 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 4 dello stesso articolo 3.

Articolo 56-bis
Altre attività agricole

1. Per le attività dirette alla produzione di vegetali esercitate oltre il limite di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b), il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito di impresa nell’ammontare corrispondente al reddito agrario relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione alla superficie eccedente.
2. Per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti diversi da quelli indicati nell’articolo 32, comma 2, lettera c), ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15 per cento.
3. Per le attività dirette alla fornitura di servizi di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice.
5. Il contribuente ha facoltà di non avvalersi delle disposizioni di cui al presente articolo. In tal caso l’opzione o la revoca per la determinazione del reddito nel modo normale si esercitano con le modalità stabilite dal regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, e successive modificazioni.

Articolo 57
Ricavi

1. Si comprende tra i ricavi di cui all’articolo 85 anche il valore normale dei beni ivi indicati destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore.

Articolo 58
Plusvalenze

1. Per le plusvalenze derivanti da cessione delle aziende, le disposizioni del comma 4 dell’articolo 86 non si applicano quando è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dell’articolo 17. Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi.
2. Le plusvalenze di cui all’articolo 87 non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti limitatamente al 60 per cento del loro ammontare.
3. Le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito anche se i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

Articolo 59
Dividendi

1. Gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio delle società e degli enti di cui all’articolo 73, nonché quelli relativi ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), e le remunerazioni relative ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), concorrono alla formazione del reddito complessivo, nella misura del 40 per cento del loro ammontare, nell’esercizio in cui sono percepiti. Si applica l’articolo 47, per quanto non diversamente previsto dal periodo precedente (1).
2. abrogato (2)
(1) Comma così sostituito dal comma 2 dell’articolo 3 del Dlgs 18 novembre 2005, n. 247, con la decorrenza indicata nel comma 4 dello stesso articolo 3.
(2) Comma abrogato dal comma 2 dell’articolo 3 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 4 dello stesso articolo 3.

Articolo 60
Spese per prestazioni di lavoro

1. Non sono ammesse in deduzione a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all’impresa di cui al comma 4 dell’articolo 5.

Articolo 61
Interessi passivi

1. Gli interessi passivi non computati nella determinazione del reddito non danno diritto alla detrazione dall’imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 15.

Articolo 62
Pro rata patrimoniale

1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 97, comma 1, il valore di libro delle partecipazioni di cui all’articolo 87, rileva nella stessa percentuale di cui all’articolo 58, comma 2. Ai fini dell’applicazione del comma 2, lettera b), numero 2), primo periodo, dell’articolo 97, si fa riferimento alle partecipazioni in società il cui reddito è imputato ai soci per effetto dell’articolo 116 (1).
(1) Comma così modificato dal comma 3 dell’articolo 3 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 4 dello stesso articolo 3
.

Articolo 63
Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione delle imprese

1. Per l’applicazione della norma di cui all’articolo 98 alle imprese individuali il riferimento al socio si intende all’imprenditore e nelle imprese familiari anche ai soggetti di cui all’articolo 5, comma 5.

Articolo 64
Norme generali sulle componenti del reddito d’impresa

1. Le minusvalenze realizzate relative a partecipazioni con i requisiti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere b), c) e d), possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente, ed i costi specificamente inerenti al realizzo di tali partecipazioni, sono indeducibili in misura corrispondente alla percentuale di cui all’articolo 58, comma 2 (1).
2. Le spese relative all’acquisto di beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’impresa e all’uso personale o familiare dell’imprenditore sono ammortizzabili, o deducibili nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 102, nella misura del 50 per cento; nella stessa misura sono deducibili i canoni di locazione, anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all’impiego di tali beni. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita catastale o del canone di locazione, anche finanziaria, a condizione che il contribuente non disponga di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’impresa.
(1) Comma così sostituito dal comma 1 dell’articolo 5 del Dl 203/2005 convertito dalla legge 248/2005.

Articolo 65
Beni relativi all’impresa

1. Per le imprese individuali, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano relativi all’impresa, oltre ai beni indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 85, a quelli strumentali per l’esercizio dell’impresa stessa ed ai crediti acquisiti nell’esercizio dell’impresa stessa, i beni appartenenti all’imprenditore che siano indicati tra le attività relative all’impresa nell’inventario tenuto a norma dell’articolo 2217 del codice civile. Gli immobili di cui al comma 2 dell’articolo 43 si considerano relativi all’impresa solo se indicati nell’inventario; per i soggetti indicati nell’articolo 66, tale indicazione può essere effettuata nel registro dei beni ammortizzabili ovvero secondo le modalità di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, e dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 695.
2. Per le società in nome collettivo e in accomandita semplice si considerano relativi all’impresa tutti i beni ad esse appartenenti, salvo quanto stabilito nel comma 3 per le società di fatto.
3. Per le società di fatto si considerano relativi all’impresa i beni indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 85, i crediti acquisiti nell’esercizio dell’impresa e i beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, compresi quelli iscritti in pubblici registri a nome dei soci utilizzati esclusivamente come strumentali per l’esercizio dell’impresa.
3-bis. Per i beni strumentali dell’impresa individuale provenienti dal patrimonio personale dell’imprenditore è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689, da iscrivere tra le attività relative all’impresa nell’inventario di cui all’articolo 2217 del codice civile ovvero, per le imprese di cui all’articolo 66, nel registro dei cespiti ammortizzabili. Le relative quote di ammortamento sono calcolate a decorrere dall’esercizio in corso alla data dell’iscrizione.

Articolo 66
Imprese minori

1. Il reddito d’impresa dei soggetti che secondo le norme del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ammessi al regime di contabilità semplificata e non hanno optato per il regime ordinario è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85 e degli altri proventi di cui agli articoli 89 e 90, comma 1, conseguiti nel periodo d’imposta e l’ammontare delle spese documentate sostenute nel periodo stesso. La differenza è rispettivamente aumentata e diminuita delle rimanenze finali e delle esistenze iniziali di cui agli articoli 92, 93 e 94 ed è ulteriormente aumentata delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 86 e delle sopravvenienze attive di cui all’articolo 88 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all’articolo 101.
2. Le quote di ammortamento sono ammesse in deduzione, secondo le disposizioni degli articoli 64, comma 2, 102 e 103, a condizione che sia tenuto il registro dei beni ammortizzabili. L’indicazione di tali quote può essere effettuata anche secondo le modalità dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, e dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 695. Le perdite di beni strumentali e le perdite su crediti sono deducibili a norma dell’articolo 101. Non è ammessa alcuna deduzione a titolo di accantonamento; tuttavia gli accantonamenti di cui all’articolo 105 sono deducibili a condizione che risultino iscritti nei registri di cui all’articolo 18 del decreto indicato al comma 1.
3. Si applicano, oltre a quelle richiamate nei precedenti commi, le disposizioni di cui agli articoli 56, comma 5, 65, 91, 95, 96, 100, 108, 90, comma 2, 99, commi 1 e 3, 109, commi 1, 2, 5, 7 e 9, lettera b) e 110, commi 1, 2, 5, 6 e 8. Si applica inoltre, con riferimento ai ricavi ed alle plusvalenze che concorrono a formare il reddito di impresa pur non risultando dalle registrazioni ed annotazioni nei registri di cui all’articolo 18 del decreto indicato nel comma 1, la disposizione dell’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 109.
4. Per gli intermediari e i rappresentanti di commercio e per gli esercenti le attività indicate al primo comma dell’articolo 1 del D.M. 13 ottobre 1979 del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 288 del 22 ottobre 1979, il reddito d’impresa determinato a norma dei precedenti commi è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria delle spese non documentate, di un importo pari alle seguenti percentuali dell’ammontare dei ricavi: 3 per cento dei ricavi fino a euro 6.197,48; 1 per cento dei ricavi oltre euro 6.197,48 e fino a euro 77.468,53; 0,50 per cento dei ricavi oltre euro 77.468,53 e fino a euro 92.962,24.
5. Per le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci per conto di terzi il reddito determinato a norma dei precedenti commi è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, di euro 7,75 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa ma nell’àmbito della regione o delle regioni confinanti e di euro 15,49 per quelli effettuati oltre tale àmbito. Per le medesime imprese compete, altresì, una deduzione forfetaria annua di euro 154,94 per ciascun motoveicolo e autoveicolo avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi. La deduzione spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto, indipendentemente dal numero dei viaggi. Il contribuente deve predisporre e conservare un prospetto recante l’indicazione dei viaggi effettuati e della loro durata e località di destinazione nonché degli estremi dei relativi documenti di trasporto delle merci o, delle fatture o delle lettere di vettura di cui all’articolo 56 della legge 6 giugno 1974, n. 298; i documenti di trasporto, le fatture e le lettere di vettura devono essere conservate fino alla scadenza del termine per l’accertamento.

Capo VII – Redditi diversi

Articolo 67
Redditi diversi

1. Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:
a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;
b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione;
c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni si tiene conto delle percentuali potenzialmente ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorché nei confronti di soggetti diversi. Tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate. Sono assimilate alle plusvalenze di cui alla presente lettera quelle realizzate mediante:
1) cessione di strumenti finanziari di cui alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 44 quando non rappresentano una partecipazione al patrimonio;
2) cessione dei contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), qualora il valore dell’apporto sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per le plusvalenze realizzate mediante la cessione dei contratti stipulati con associanti non residenti che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l’assimilazione opera a prescindere dal valore dell’apporto (1);
3) cessione dei contratti di cui al numero precedente qualora il valore dell’apporto sia superiore al 25 per cento dell’ammontare dei beni dell’associante determinati in base alle disposizioni previste del comma 2 dell’articolo 47 del citato testo unico;
c-bis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni. Sono assimilate alle plusvalenze di cui alla presente lettera quelle realizzate mediante:
1) cessione dei contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), qualora il valore dell’apporto sia non superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni (2);
2) cessione dei contratti di cui alla lettera precedente qualora il valore dell’apporto sia non superiore al 25 per cento dell’ammontare dei beni dell’associante determinati in base alle disposizioni previste dal comma 2 dell’articolo 47;
c-ter) le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente;
c-quater) i redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera sono considerati strumenti finanziari anche i predetti rapporti;
c-quinquies) le plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto;
d) le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte nonché quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali;
e) i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, compresi quelli dei terreni dati in affitto per usi non agricoli;
f) i redditi di beni immobili situati all’estero;
g) i redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, salvo il disposto della lettera b) del comma 2 dell’articolo 53;
h) i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende; l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio dell’impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi;
h-bis) le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58;
i) i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente;
l) i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;
m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici;
n) le plusvalenze realizzate a seguito di trasformazione eterogenea di cui all’articolo 171, comma 2, ove ricorrono i presupposti di tassazione di cui alle lettere precedenti.
1-bis. Agli effetti dell’applicazione delle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1, si considerano cedute per prime le partecipazioni, i titoli, gli strumenti finanziari, i contratti, i certificati e diritti, nonché le valute ed i metalli preziosi acquisiti in data più recente; in caso di chiusura o di cessione dei rapporti di cui alla lettera c-quater) si considerano chiusi o ceduti per primi i rapporti sottoscritti od acquisiti in data più recente (3).
1-ter. Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui.
1-quater. Fra le plusvalenze e i redditi di cui alle lettere c-ter), c-quater) e c-quinquies) si comprendono anche quelli realizzati mediante rimborso o chiusura delle attività finanziarie o dei rapporti ivi indicati, sottoscritti all’emissione o comunque non acquistati da terzi per effetto di cessione a titolo oneroso.
(1) Numero così sostituito dal comma 1 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.
(2) Numero così modificato dal comma 1 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.
(3) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.

Articolo 68
Plusvalenze

1. Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
2. Per i terreni di cui alla lettera a) comma 1 dell’articolo 67 acquistati oltre cinque anni prima dell’inizio della lottizzazione o delle opere si assume come prezzo di acquisto il valore normale nel quinto anno anteriore. Il costo dei terreni stessi acquisiti gratuitamente e quello dei fabbricati costruiti su terreni acquisiti gratuitamente sono determinati tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere ovvero a quella di inizio della costruzione. Il costo dei terreni suscettibili d’utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili. Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e di successione.
3. Le plusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67, diverse da quelle di cui al comma 4 del presente articolo, per il 40 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l’eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 40 per cento dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate (1).
4. Le plusvalenze realizzate mediante la cessione dei contratti stipulati con associanti non residenti che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, nonché le plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell’articolo 67 realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), e contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), emessi o stipulati da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 167, comma 4, salvo la dimostrazione, a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, del rispetto delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell’articolo 87, concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare. La disposizione del periodo precedente non si applica alle partecipazioni, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui alla citata lettera c-bis), del comma 1, dell’articolo 67, emessi da società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Le plusvalenze di cui ai periodi precedenti sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate (2).
5. Le plusvalenze di cui alle lettere c-bis), diverse da quelle di cui al comma 4, e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 67; se l’ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d’imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate (3).
6. Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Per le azioni, quote o altre partecipazioni acquisite sulla base di aumento gratuito del capitale il costo unitario è determinato ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni, quote o partecipazioni di compendio. Per le partecipazioni nelle società indicate dall’articolo 5, il costo è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio. Per le valute estere cedute a termine si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. Il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente. Per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti, in mancanza della documentazione del costo, si assume come costo il valore della valuta al minore dei cambi mensili accertati ai sensi dell’articolo 110, comma 9, nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è realizzata. Le minusvalenze sono determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze.
7. Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze:
a) dal corrispettivo percepito o dalla somma rimborsata, nonché dal costo o valore di acquisto si scomputano i redditi di capitale maturati ma non riscossi, diversi da quelli derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società e dagli utili relativi ai titoli ed agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), e ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b) (4);
b) qualora vengano superate le percentuali di diritti di voto o di partecipazione indicate nella lettera c) del comma 1 dell’articolo 67, i corrispettivi percepiti anteriormente al periodo d’imposta nel quale si è verificato il superamento delle percentuali si considerano percepiti in tale periodo;
c) per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo;
d) per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, le plusvalenze sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione;
e) per le cessioni a titolo oneroso poste in essere in dipendenza dei rapporti indicati nella lettera c-quater), del comma 1 dell’articolo 67, il corrispettivo è costituito dal prezzo di cessione, eventualmente aumentato o diminuito dei premi pagati o riscossi su opzioni;
f) nei casi di dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo la plusvalenza è determinata con riferimento alla parte del costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d’imposta.
8. I redditi di cui alla lettera c-quater) del comma 1 dell’articolo 67, sono costituiti dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi, nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati. Per la determinazione delle plusvalenze, minusvalenze e degli altri redditi derivanti da tali rapporti si applicano i commi 6 e 7. I premi pagati e riscossi su opzioni, salvo che l’opzione non sia stata chiusa anticipatamente o ceduta, concorrono a formare il reddito nel periodo d’imposta in cui l’opzione è esercitata ovvero scade il termine stabilito per il suo esercizio. Qualora a seguito dell’esercizio dell’opzione siano cedute le attività di cui alle lettere c), c-bis) o c-ter), dell’articolo 67, i premi pagati o riscossi concorrono alla determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, ai sensi della lettera e) del comma 7. Le plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di merci non concorrono a formare il reddito, anche se la cessione è posta in essere in dipendenza dei rapporti indicati nella lettera c-quater) del comma 1 dell’articolo 67.
9. Le plusvalenze e gli altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dell’articolo 67, sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi percepiti ovvero le somme od il valore normale dei beni rimborsati ed i corrispettivi pagati ovvero le somme corrisposte, aumentate di ogni onere inerente alla loro produzione, con esclusione degli interessi passivi. Dal corrispettivo percepito e dalla somma rimborsata si scomputano i redditi di capitale derivanti dal rapporto ceduto maturati ma non riscossi nonché i redditi di capitale maturati a favore del creditore originario ma non riscossi. Si applicano le disposizioni della lettera f) del comma 7.
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.
(2) Comma così sostituito dal comma 2 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.
(3) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.
(4) Lettera così modificata dal comma 2 dell’articolo 4 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 4.

Articolo 69
Premi, vincite ed indennità

1. I premi e le vincite di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 67 costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione.
2. Le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 67 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.

Articolo 70
Redditi di natura fondiaria

1. I censi, le decime, i quartesi e gli altri redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, ancorché consistenti in prodotti del fondo o commisurati ad essi, e i redditi dei beni immobili situati nel territorio dello Stato che non sono e non devono essere iscritti in catasto con attribuzione di rendita, concorrono a formare il reddito complessivo nell’ammontare e per il periodo di imposta in cui sono percepiti.
2. I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all’estero concorrono alla formazione del reddito complessivo nell’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a formare il reddito complessivo per l’ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese.

Articolo 71
Altri redditi

1. I redditi di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 67 costituiscono reddito per l’ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 25 per cento se i diritti dalla cui utilizzazione derivano sono stati acquistati a titolo oneroso.
2. I redditi di cui alle lettere h), i) e l) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. Le plusvalenze indicate alle lettere h) e h-bis) del predetto art. 67 sono determinate a norma dell’articolo 86.
2-bis. In deroga alla disposizione di cui al comma 2, per le operazioni di cui all’articolo 67, comma 1, lettera i), poste in essere dai soggetti che svolgono le attività di cui all’articolo 32, eccedenti i limiti di cui al comma 2, lettera c), del predetto articolo, si applicano le percentuali di redditività di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 56-bis. Le disposizioni del presente comma non incidono sull’esercizio della delega legislativa di cui alla legge 7 aprile 2003, n. 80.

TITOLO II
Imposta sul reddito delle società.

Capo I – Soggetti passivi e disposizioni generali

Articolo 72
Presupposto dell’imposta

1. Presupposto dell’imposta sul reddito delle società è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6.

Articolo 73
Soggetti passivi

1. Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell’articolo 5.
3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

Articolo 74
Stato ed enti pubblici

1. Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all’imposta.
2. Non costituiscono esercizio dell’attività commerciale:
a) l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;
b) l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali.

Articolo 75
Base imponibile

1. L’imposta si applica sul reddito complessivo netto, determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II, per le società e gli enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73, del capo III, per gli enti non commerciali di cui alla lettera c) e dei capi IV e V, per le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d).
2. Le società residenti di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 73 e quelle non residenti di cui alla lettera d) possono determinare il reddito secondo le disposizioni del capo VI.

Articolo 76
Periodo d’imposta

1. L’imposta è dovuta per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma salvo quanto stabilito negli articoli 80 e 84.
2. Il periodo di imposta è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, determinato dalla legge o dall’atto costitutivo. Se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o più anni, il periodo di imposta è costituito dall’anno solare.
3. abrogato (1)
(1) Comma abrogato dal comma 1 dell’articolo 5 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 5
.

Articolo 77
Aliquota dell’imposta

1. L’imposta è commisurata al reddito complessivo netto con l’aliquota del 33 per cento.

Articolo 78
Detrazione d’imposta per oneri

1. Dall’imposta lorda si detrae fino a concorrenza del suo ammontare un importo pari al 19 per cento dell’onere di cui all’articolo 15, comma 1-bis, limitatamente alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), diversi dagli enti nei quali vi sia una partecipazione pubblica o i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, nonché dalle società ed enti che controllano, direttamente o indirettamente, tali soggetti, ovvero ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società o ente che controlla i soggetti medesimi, nonché dell’onere di cui all’articolo 15, comma 1, lettera i-ter).

Articolo 79
Scomputo degli acconti

1. I versamenti eseguiti dal contribuente in acconto dell’imposta e le ritenute alla fonte a titolo di acconto si scomputano dall’imposta a norma dell’articolo 22, salvo il disposto del comma 2 del presente articolo.
2. Le ritenute di cui al primo e al secondo comma dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 1 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 1981, n. 692, applicabili a titolo di acconto, si scomputano nel periodo di imposta nel quale i redditi cui afferiscono concorrono a formare il reddito complessivo ancorché non siano stati percepiti e assoggettati alla ritenuta. L’importo da scomputare è calcolato in proporzione all’ammontare degli interessi e altri proventi che concorrono a formare il reddito.

Articolo 80
Riporto o rimborso delle eccedenze

1. Se l’ammontare complessivo dei crediti per le imposte pagate all’estero, delle ritenute d’acconto e dei versamenti in acconto di cui ai precedenti articoli è superiore a quello dell’imposta dovuta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo di imposta successivo, di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi ovvero di utilizzare la stessa in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (1).
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 5 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 5
.

Capo II – Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti
Sezione I – Determinazione della base imponibile

Articolo 81
Reddito complessivo

1. Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa ed è determinato secondo le disposizioni di questa sezione.

Articolo 82
Cessioni obbligatorie di partecipazioni sociali

1. Alle plusvalenze imponibili relative alle azioni o quote alienate a norma degli articoli 2357, quarto comma, 2357-bis, secondo comma, e 2359-ter, del codice civile e a norma dell’articolo 121 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 86.

Articolo 83
Determinazione del reddito complessivo

1. Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei princìpi contabili internazionali sono imputati direttamente a patrimonio le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione.

Articolo 84
Riporto delle perdite

1. La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all’articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 96 e 109, commi 5 e 6. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l’imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all’articolo 80.
2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi senza alcun limite di tempo.
3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori. La limitazione non si applica qualora:
a) le partecipazioni siano acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questi;
b) le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

Articolo 85
Ricavi

1. Sono considerati ricavi:
a) i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;
b) i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;
c) i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all’articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si applica il comma 2 dell’articolo 44;
d) i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44 emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;
e) i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;
f) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere;
g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto;
h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.
2. Si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
3. Ai fini delle imposte sui redditi i beni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1 non costituiscono immobilizzazioni finanziarie se non sono iscritti come tali nel bilancio.

Articolo 86
Plusvalenze patrimoniali

1. Le plusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell’articolo 85, concorrono a formare il reddito:
a) se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
b) se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;
c) se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
2. Nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso. Se il corrispettivo della cessione è costituito esclusivamente da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale, e questi vengono complessivamente iscritti in bilancio allo stesso valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti, si considera plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito.
3. Nell’ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni.
4. Le plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata. Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, le disposizioni dei periodi precedenti si applicano per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquisiti in data più recente.
5. La cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
5-bis. Nelle ipotesi dell’articolo 47, commi 5 e 7, costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni (1).
(1) Comma aggiunto dal comma 1 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6
.

Articolo 87
Plusvalenze esenti

1. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 91 per cento e dell’84 per cento a decorrere dal 2007 le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’articolo 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell’articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti (1):
a) ininterrotto possesso dal primo giorno del diciottesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente (2);
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 167, comma 4, o, alternativamente, l’avvenuta dimostrazione, a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al predetto decreto ministeriale;
d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio d’impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l’attività agricola.
1-bis. Le cessioni delle azioni o quote appartenenti alla categoria delle immobilizzazioni finanziarie e di quelle appartenenti alla categoria dell’attivo circolante vanno considerate separatamente con riferimento a ciascuna categoria (3).
2. I requisiti di cui al comma 1, lettere c) e d), devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso.
3. L’esenzione di cui al comma 1 si applica, alle stesse condizioni ivi previste, alle plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente alle partecipazioni al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a) ed ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b). Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo (4).
4. Fermi rimanendo quelli di cui alle lettere a), b) e c), il requisito di cui alla lettera d) del comma 1 non rileva per le partecipazioni in società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Alle plusvalenze realizzate mediante offerte pubbliche di vendita si applica l’esenzione di cui ai commi 1 e 3 indipendentemente dal verificarsi del requisito di cui alla predetta lettera d).
5. Per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni, i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle plusvalenze di cui all’articolo 86, comma 5-bis (5).
7. abrogato (6)

(1) Alinea così modificato dal comma 1 dell’articolo 5 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(2) Lettera così modificata dal comma 1 dell’articolo 5 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(3) Comma aggiunto dal comma 2 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(4) Comma così sostituito dal comma 2 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(5) Comma così sostituito dal comma 2 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(6) Comma abrogato dal comma 2 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6
.

Articolo 88
Sopravvenienze attive

1. Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.
2. Se le indennità di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 86 vengono conseguite per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, l’eccedenza concorre a formare il reddito a norma del comma 4 del detto articolo.
3. Sono inoltre considerati sopravvenienze attive:
a) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da quelli considerati alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 85 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 86;
b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell’articolo 85 e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato. Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Sono fatte salve le agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonché quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione delle stesse. Non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché quelli erogati alle cooperative edilizie a proprietà indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all’assegnazione in godimento o locazione.
4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione alle perdite da parte dell’associato in partecipazione. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche relativamente agli apporti effettuati dai possessori di strumenti finanziari similari alle azioni (1).
5. In caso di cessione del contratto di locazione finanziaria il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva.
(1) Comma così modificato dal comma 3 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 89
Dividendi ed interessi

1. Per gli utili derivanti dalla partecipazione in società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato si applicano le disposizioni dell’articolo 5.
2. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche nei casi di cui all’articolo 47, comma 7, dalle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c), non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare. La stessa esclusione si applica alla remunerazione corrisposta relativamente ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), e alla remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento (1).
3. Verificandosi la condizione dell’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l’esclusione del comma 2 si applica agli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), corrisposti dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), e alle remunerazioni derivanti da contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), stipulati con tali soggetti, se diversi da quelli residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 167, comma 4, o, se ivi residenti, relativamente ai quali, a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell’articolo 167, siano rispettate le condizioni di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 87. Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo (2).
4. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 46 e 47, ove compatibili.
5. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.
6. Gli interessi derivanti da titoli acquisiti in base a contratti “pronti contro termine” che prevedono l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, concorrono a formare il reddito del cessionario per l’ammontare maturato nel periodo di durata del contratto. La differenza positiva o negativa tra il corrispettivo a pronti e quello a termine, al netto degli interessi maturati sulle attività oggetto dell’operazione nel periodo di durata del contratto, concorre a formare il reddito per la quota maturata nell’esercizio.
7. Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, compresi i conti correnti reciproci per servizi resi intrattenuti tra aziende e istituti di credito, si considerano maturati anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto.
(1) Comma così modificato dal comma 4 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(2) Comma così sostituito dal comma 4 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 90
Proventi immobiliari

1. I redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, concorrono a formare il reddito nell’ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I per gli immobili situati nel territorio dello Stato e a norma dell’articolo 70 per quelli situati all’estero. Tale disposizione non si applica per i redditi, dominicali e agrari, dei terreni derivanti dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti. In caso di immobili locati, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15 per cento del canone medesimo, dell’importo delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione (1).
2. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili indicati nel comma 1 non sono ammessi in deduzione.
(1) Periodo aggiunto dal comma 1 dell’articolo 7 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005, con decorrenza indicata dal comma 2 dello stesso articolo.

Articolo 91
Proventi e oneri non computabili nella determinazione del reddito

1. Non concorrono alla formazione del reddito:
a) i proventi dei cespiti che fruiscono di esenzione dall’imposta;
b) i proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;
c) in caso di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie, acquistate in attuazione della relativa deliberazione o precedentemente, la differenza positiva o negativa tra il costo delle azioni annullate e la corrispondente quota del patrimonio netto;
d) i sopraprezzi di emissione delle azioni o quote e gli interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote.

Articolo 92
Variazioni delle rimanenze

1. Le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio. A tal fine le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell’articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle disposizioni che seguono.
2. Nel primo esercizio in cui si verificano, le rimanenze sono valutate attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio stesso per la loro quantità.
3. Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente.
4. Per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del “primo entrato, primo uscito” o con varianti di quello di cui al comma 3, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall’applicazione del metodo adottato.
5. Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 4, è superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio, il valore minimo di cui al comma 1, è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale. Per le valute estere si assume come valore normale il valore secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio. Il minor valore attribuito alle rimanenze in conformità alle disposizioni del presente comma vale anche per gli esercizi successivi sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello stato patrimoniale per un valore superiore.
6. I prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell’esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso, salvo quanto stabilito nell’articolo 93 per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale.
7. Le rimanenze finali di un esercizio nell’ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell’esercizio successivo.
8. Per gli esercenti attività di commercio al minuto che valutano le rimanenze delle merci con il metodo del prezzo al dettaglio si tiene conto del valore così determinato anche in deroga alla disposizione del comma 1, a condizione che nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato siano illustrati i criteri e le modalità di applicazione del detto metodo, con riferimento all’oggetto e alla struttura organizzativa dell’impresa.

Articolo 93
Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

1. Le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio. A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato a norma delle disposizioni che seguono per la parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto, salvo il disposto del comma 4.
2. La valutazione è fatta sulla base dei corrispettivi pattuiti. Delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento. Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati di avanzamento la valutazione è fatta in base ai corrispettivi liquidati.
3. Il valore determinato a norma del comma 2 può essere ridotto per rischio contrattuale, a giudizio del contribuente, in misura non superiore al 2 per cento. Per le opere, le forniture ed i servizi eseguiti all’estero, se i corrispettivi sono dovuti da soggetti non residenti, la misura massima della riduzione è elevata al 4 per cento.
4. I corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze, in caso di liquidazione parziale, è limitata alla parte non ancora liquidata. Ogni successiva variazione dei corrispettivi è imputata al reddito dell’esercizio in cui è stata definitivamente stabilita.
5. In deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 4, le imprese che contabilizzano in bilancio le opere, forniture e servizi, valutando le rimanenze al costo e imputando i corrispettivi all’esercizio nel quale sono consegnate le opere o ultimati i servizi e le forniture, possono essere autorizzate dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate ad applicare lo stesso metodo anche ai fini della determinazione del reddito. La richiesta dell’autorizzazione è presentata all’ufficio dell’Agenzia delle entrate e s’intende accolta se l’ufficio non notifica avviso contrario entro tre mesi. L’autorizzazione ha effetto a partire dall’esercizio in corso alla data in cui è rilasciata. L’autorizzazione ha effetto a condizione che il contribuente adotti il metodo contabile previsto nel presente comma per tutte le opere, forniture e servizi (1).
6. Alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante l’indicazione degli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della collocazione di tali elementi nei conti dell’impresa.
7. abrogato (2)
(1) Comma così sostituito dal comma 5 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(2) Comma abrogato dal comma 5 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 94
Valutazione dei titoli

1. I titoli indicati nell’articolo 85, comma 1, lettere c), d), ed e), esistenti al termine di un esercizio, sono valutati applicando le disposizioni dell’articolo 92, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 salvo quanto stabilito nei seguenti commi.
2. Le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di “pronti contro termine” che prevedono per il cessionario l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, non determinano variazioni delle rimanenze dei titoli.
3. Ai fini del raggruppamento in categorie omogenee non si tiene conto del valore e si considerano della stessa natura i titoli emessi dallo stesso soggetto ed aventi uguali caratteristiche.
4. Le disposizioni dell’articolo 92, comma 5, si applicano solo per la valutazione dei titoli di cui all’articolo 85, comma 1, lettera e); a tal fine il valore minimo è determinato:
a) per i titoli negoziati in mercati regolamentati, in base ai prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio ovvero in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese. Non si applica, comunque, l’articolo 109, comma 4, lettera b), secondo periodo;
b) per gli altri titoli, secondo le disposizioni dell’articolo 9, comma 4, lettera c).
5. In caso di aumento del capitale della società emittente mediante passaggio di riserve a capitale il numero delle azioni ricevute gratuitamente si aggiunge al numero di quelle già possedute in proporzione alle quantità delle singole voci della corrispondente categoria e il valore unitario si determina, per ciascuna voce, dividendo il costo complessivo delle azioni già possedute per il numero complessivo delle azioni.
6. L’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci, si aggiunge al costo dei titoli e delle quote di cui all’articolo 85, comma 1, lettera c), in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria; la stessa disposizione vale relativamente agli apporti effettuati dei detentori di strumenti finanziari assimilati alle azioni.
7. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per la valutazione delle quote di partecipazione in società ed enti non rappresentate da titoli, indicati nell’articolo 85, comma 1, lettera c).

Articolo 95
Spese per prestazioni di lavoro

1. Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’articolo 100, comma 1.
2. Non sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture recettive, salvo quelle relative a servizi di mensa destinati alla generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea. I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell’articolo 51, comma 4, lettera c). Qualora i fabbricati di cui al secondo periodo siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività, per il periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi, i predetti canoni e spese sono integralmente deducibili (1).
3. Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all’estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel.
4. Le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, in luogo della deduzione, anche analitica, delle spese sostenute in relazione alle trasferte effettuate dal proprio dipendente fuori del territorio comunale, possono dedurre un importo pari a euro 59,65 al giorno, elevate a euro 95,80 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto.
5. I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati al conto economico (2).
6. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 109, comma 9, lettera b) le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti, e agli associati in partecipazione sono computate in diminuzione del reddito dell’esercizio di competenza, indipendentemente dalla imputazione al conto economico.
(1) Comma così modificato dal comma 6 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005 5, n. 247, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(2) Comma così modificato dal comma 6 dell’articolo 6 del dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 96
Interessi passivi

1. La quota di interessi passivi che residua dopo l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 1998 è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
2. Ai fini del rapporto di cui al comma 1:
a) non si tiene conto delle sopravvenienze attive accantonate a norma dell’articolo 88, dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva e dei saldi di rivalutazione monetaria che per disposizione di legge speciale non concorrono a formare il reddito;
b) i ricavi derivanti da cessioni di titoli e di valute estere si computano per la sola parte che eccede i relativi costi e senza tenere conto delle rimanenze;
c) le plusvalenze realizzate si computano per l’ammontare che a norma dell’articolo 86 concorre a formare il reddito dell’esercizio;
d) le plusvalenze di cui all’articolo 87, si computano per il loro intero ammontare;
e) gli interessi di provenienza estera ed i dividendi si computano per l’intero ammontare indipendentemente dal loro concorso alla formazione del reddito;
f) i proventi immobiliari di cui all’articolo 90 si computano nella misura ivi stabilita;
g) le rimanenze di cui agli articoli 92 e 93 si computano nei limiti degli incrementi formati nell’esercizio.
3. Se nell’esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell’ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti. Gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei commi 1 e 2 ma senza tenere conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell’ammontare degli interessi e proventi esenti corrispondente a quello degli interessi passivi non ammessi in deduzione.

Articolo 97
Pro rata patrimoniale

1. Nel caso in cui alla fine del periodo d’imposta il valore di libro delle partecipazioni di cui all’articolo 87 eccede quello del patrimonio netto contabile, la quota di interessi passivi che residua dopo l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 98, al netto degli interessi attivi, è indeducibile per la parte corrispondente al rapporto fra tale eccedenza ed il totale dell’attivo patrimoniale ridotto dello stesso patrimonio netto contabile e dei debiti commerciali. La parte indeducibile determinata ai sensi del periodo precedente è ridotta in misura corrispondente alla quota imponibile dei dividendi percepiti relativi alle stesse partecipazioni di cui all’articolo 87.
1-bis. Agli effetti del comma 1, il requisito di cui all’articolo 87, comma 1, lettera a), si intende conseguito qualora le partecipazioni sono possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d’imposta (1).
2. Per il calcolo dell’eccedenza di cui al primo comma:
a) il patrimonio netto contabile, comprensivo dell’utile dell’esercizio, è rettificato in diminuzione con gli stessi criteri di cui all’articolo 98, comma 3, lettera e), numeri 1) e 3);
b) non rilevano:
1) le partecipazioni in società il cui reddito concorre insieme a quello della partecipante alla formazione dell’imponibile di gruppo di cui alle sezioni II e III del presente capo, salvo quanto previsto rispettivamente dagli articoli 124, comma 1, lettera a), e 138, comma 1, delle predette sezioni;
2) quelle in società il cui reddito è imputato ai soci anche per effetto dell’opzione di cui all’articolo 115. Tuttavia, nel caso in cui entro il terzo anno successivo all’acquisto avvenga la cessione di tali partecipazioni, il reddito imponibile è rettificato in aumento dell’importo corrispondente a quello degli interessi passivi dedotti nei precedenti esercizi per effetto della previsione di cui al primo periodo.
(1) Comma aggiunto dal comma 1 dell’articolo 5 del Dl 203/2005 come convertiot dalla legge 248/2005.

Articolo 98
Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione

1. La remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui al comma 4, direttamente o indirettamente erogati o garantiti da un socio qualificato o da una sua parte correlata, computata al netto della quota di interessi indeducibili in applicazione dell’articolo 3, comma 115 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è indeducibile dal reddito imponibile qualora il rapporto tra la consistenza media durante il periodo d’imposta dei finanziamenti di cui al comma 4 e la quota di patrimonio netto contabile di pertinenza del socio medesimo e delle sue parti correlate, aumentato degli apporti di capitale effettuati dallo stesso socio o da sue parti correlate in esecuzione dei contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), sia superiore a quello di quattro a uno.
2. Il comma 1 non si applica nel caso in cui:
a) l’ammontare complessivo dei finanziamenti di cui al comma 4 non eccede quattro volte il patrimonio netto contabile determinato con i criteri di cui alla lettera e) del comma 3;
b) il contribuente debitore fornisce la dimostrazione che l’ammontare dei finanziamenti di cui al comma 4 è giustificato dalla propria esclusiva capacità di credito e che conseguentemente gli stessi sarebbero stati erogati anche da terzi indipendenti con la sola garanzia del patrimonio sociale.
3. Ai fini dell’applicazione del comma 1:
a) si considerano eccedenti i finanziamenti di cui al comma 4 per la parte della loro consistenza media eccedente il rapporto di cui al comma 1;
b) si considerano parti correlate al socio qualificato le società da questi controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e se persona fisica anche i familiari di cui all’articolo 5, comma 5;
c) il socio è qualificato quando:
1. direttamente o indirettamente controlla ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile il soggetto debitore;
2. partecipa al capitale sociale dello stesso debitore con una percentuale pari o superiore al 25 per cento, alla determinazione della quale concorrono le partecipazioni detenute da sue parti correlate. Non si considerano soci qualificati i soggetti di cui all’articolo 74;
d) ai finanziamenti erogati o garantiti dal socio qualificato si aggiungono quelli erogati o garantiti da sue parti correlate;
e) per il calcolo della quota di pertinenza del socio qualificato e di sue parti correlate si considera il patrimonio netto contabile, così come risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente, comprensivo dell’utile dello stesso esercizio non distribuito, rettificato in diminuzione per tenere conto:
1) dei crediti risultanti nell’attivo patrimoniale relativi ad obblighi di conferimento ancora non eseguiti;
2) del valore di libro delle azioni proprie in portafoglio;
3) delle perdite subite nella misura in cui entro la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello cui le stesse si riferiscono non avvenga la ricostituzione del patrimonio netto mediante l’accantonamento di utili o l’esecuzione di conferimenti in danaro o in natura;
4) del valore di libro o, se minore del relativo patrimonio netto contabile, delle partecipazioni in società controllate e collegate di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a) e di cui all’articolo 5, diverse da quelle di cui al successivo comma 5;
f) la consistenza media dei finanziamenti di cui al comma 4 si determina sommando il relativo ammontare complessivo esistente al termine di ogni giornata del periodo d’imposta e dividendo tale somma per il numero dei giorni del periodo stesso. Non concorrono alla determinazione della consistenza i finanziamenti infruttiferi erogati o garantiti dai soci qualificati o da sue parti correlate a condizione che la remunerazione media di cui alla lettera g) non sia superiore al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di un punto percentuale;
g) la remunerazione dei finanziamenti eccedenti è calcolata applicando agli stessi il tasso che corrisponde al rapporto tra la remunerazione complessiva dei finanziamenti di cui al comma 4 maturata nel periodo d’imposta e la consistenza media degli stessi.
4. Ai fini della determinazione del rapporto di cui al comma 1 rilevano i finanziamenti erogati o garantiti dal socio qualificato o da sue parti correlate intendendo per tali quelli derivanti da mutui, da depositi di danaro e da ogni altro rapporto di natura finanziaria (1).
5. Ai fini della determinazione del rapporto di cui al comma 1 non rilevano i finanziamenti assunti nell’esercizio dell’attività bancaria o dell’attività svolta dai soggetti indicati nell’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, con esclusione delle società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni.
6. Si intendono garantiti dal socio o da sue parti correlate i debiti assistiti da garanzie reali, personali e di fatto fornite da tali soggetti anche mediante comportamenti ed atti giuridici che, seppure non formalmente qualificandosi quali prestazioni di garanzia, ottengono lo stesso effetto economico.
7. Il presente articolo non si applica ai contribuenti il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l’applicazione degli studi settore. Si applica, in ogni caso, alle società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni.
(1) Comma così modificato dal comma 7 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 99
Oneri fiscali e contributivi

1. Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento.
2. Gli accantonamenti per imposte non ancora definitivamente accertate sono deducibili nei limiti dell’ammontare corrispondente alle dichiarazioni presentate, agli accertamenti o provvedimenti degli uffici e alle decisioni delle commissioni tributarie.
3. I contributi ad associazioni sindacali e di categoria sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti, se e nella misura in cui sono dovuti, in base a formale deliberazione dell’associazione.

Articolo 100
Oneri di utilità sociale

1. Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
2. Sono inoltre deducibili:
a) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica, nonché i contributi, le donazioni e le oblazioni di cui all’articolo 10, comma 1, lettera g), per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato;
b) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche aventi sede nel Mezzogiorno che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato;
c) abrogata (1)
d) le erogazioni liberali a favore dei concessionari privati per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario per un ammontare complessivo non superiore all’1 per cento del reddito imponibile del soggetto che effettua l’erogazione stessa;
e) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 e del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni e le attività culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio dell’Agenzia del territorio. La deduzione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni e le attività culturali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L’Amministrazione per i beni e le attività culturali dà immediata comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate delle violazioni che comportano la indeducibilità e dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi;
f) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuate per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell’articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l’organizzazione di mostre e di esposizioni, che siano di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni e le attività culturali, che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi preindicati, e controlla l’impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati, ovvero utilizzate non in conformità alla destinazione, affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;
g) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;
h) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065,83 euro o al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, a favore delle ONLUS, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all’OCSE;
i) le spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite del cinque per mille dell’ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi;
l) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 1.549,37 euro o al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato, a favore di associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge;
m) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Il Ministro per i beni e le attività culturali individua con proprio decreto periodicamente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario; definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari; vigila sull’impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento all’Agenzia delle entrate, l’elenco dei soggetti erogatori e l’ammontare delle erogazioni liberali da essi effettuate. Nel caso che, in un dato anno, le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata, i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero per i beni e le attività culturali versano all’entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza;
n) le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate nell’articolo 154, comma 4, lettera a), effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio individua con proprio decreto, periodicamente, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario. Nel caso che in un dato anno le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, versano all’entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza;
o) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto che individua annualmente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali. Il predetto decreto determina altresì, fino a concorrenza delle somme allo scopo indicate, l’ammontare delle erogazioni deducibili per ciascun soggetto erogatore, nonché definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari. Il Ministero della salute vigila sull’impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, all’Agenzia delle entrate, l’elenco dei soggetti erogatori e l’ammontare delle erogazioni liberali deducibili da essi effettuate.
3. Alle erogazioni liberali in denaro di enti o di istituzioni pubbliche, di fondazioni o di associazioni legalmente riconosciute, effettuate per il pagamento delle spese di difesa dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, non si applica il limite di cui al comma 1, anche quando il soggetto erogatore non abbia le finalità statutarie istituzionali di cui al medesimo comma 1.
4. Le erogazioni liberali diverse da quelle considerate nei precedenti commi e nel comma 1 dell’articolo 95 non sono ammesse in deduzione.
(1) Lettera abrogata dal comma 335 dell’articolo 1 della legge 266/2005, Finanziaria 2006.

Articolo 101
Minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite

1. Le minusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati negli articoli 85, comma 1, e 87, determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, sono deducibili se sono realizzate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, lettere a), b) e c), e 2.
1-bis. Per i beni di cui all’articolo 87, fermi restando i requisiti ivi previsti alle lettere b), c) e d), l’applicazione del comma 1 è subordinata all’ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente. (1)
2. Per la valutazione dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), che costituiscono immobilizzazioni finanziarie si applicano le disposizioni dell’articolo 94; tuttavia, per i titoli di cui alla citata lettera e) negoziati nei mercati regolamentati italiani o esteri, le minusvalenze sono deducibili in misura non eccedente la differenza tra il valore fiscalmente riconosciuto e quello determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo semestre. (2)

3. Per le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, iscritte in bilancio a norma dell’articolo 2426, n. 4), del codice civile o di leggi speciali, non è deducibile, anche a titolo di ammortamento, la parte del costo di acquisto eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa partecipata.
4. Si considerano sopravvenienze passive il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all’articolo 87.
5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
6. Per le perdite derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 8.
7. I versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società indicate al comma 6 dai propri soci e la rinuncia degli stessi soci ai crediti non sono ammessi in deduzione ed il relativo ammontare si aggiunge al costo della partecipazione.
(1) Comma aggiunto dal comma 1 dell’articolo 5 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(2) Comma sostituito dal comma 8 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 102
Ammortamento dei beni materiali

1. Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene.
2. La deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio. I coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.
3. La misura massima indicata nel comma 2 può essere superata in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi; nell’ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l’ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, la indicata misura massima può essere variata, in aumento o in diminuzione, nei limiti di un quarto, in relazione al periodo di utilizzabilità dei beni in particolari processi produttivi.
4. In caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione.
5. Per i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro è consentita la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute.
6. Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell’esercizio; per i beni ceduti, nonché per quelli acquisiti nel corso dell’esercizio, compresi quelli costruiti o fatti costruire, la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione. L’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, diversi criteri e modalità di deduzione. Resta ferma la deducibilità nell’esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato (1).
7. Per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l’ammortamento anticipato; indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, per l’impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei canoni di locazione a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili. Con lo stesso decreto previsto dal comma 3, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad aumentare o diminuire, nel limite della metà, la predetta durata minima dei contratti ai fini della deducibilità dei canoni, qualora venga rispettivamente diminuita o aumentata la misura massima dell’ammortamento di cui al secondo periodo del medesimo comma 3. (2)
8. Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario. Le quote di ammortamento sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente e sono deducibili fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato ovvero, se il concedente non ha tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili o altro libro o registro secondo le modalità di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, e dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 695, considerando già dedotte, per il 50 per cento del loro ammontare, le quote relative al periodo di ammortamento già decorso. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme dell’articolo 2561 del codice civile, concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili. (3)
9. Le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all’articolo 21 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita dal D.M. 28 dicembre 1995, del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, sono deducibili nella misura del 50 per cento. La percentuale di cui al precedente periodo è elevata al 100 per cento per gli oneri relativi ad impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte delle imprese di autotrasporto limitatamente ad un solo impianto per ciascun veicolo.
(1) Comma così modificato dal comma 9 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(2) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 5-ter del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(3) Comma così modificato dal comma 9 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 102-bis (1)
Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate

1. Le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio delle seguenti attività regolate, sono deducibili nella misura determinata dalle disposizioni del presente articolo, ferma restando, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina dell’articolo 102:
a) distribuzione e trasporto di gas naturale di cui all’articolo 2, comma 1, lettere n) e ii), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di attuazione della direttiva 98/30/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas;
b) distribuzione di energia elettrica e gestione della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica di cui all’articolo 2, commi 14 e 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.
2. Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio delle attività regolate di cui al comma 1 sono deducibili in misura non superiore a quella che si ottiene dividendo il costo dei beni per la durata delle rispettive vite utili così come determinate ai fini tariffari dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e riducendo il risultato del 20 per cento:
a) nelle tabelle 1 e 2, rubricate “durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture” ed allegate alle delibere 29 luglio 2005, n. 166, e 29 settembre 2004, n. 170, prorogata con delibera 30 settembre 2005, n. 206, rispettivamente per l’attività di trasporto e distribuzione di gas naturale. Per i fabbricati iscritti in bilancio entro l’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 si assume una vita utile pari a 50 anni;
b) nell’appendice 1 della relazione tecnica alla delibera 30 gennaio 2004, n. 5, per l’attività di trasmissione e distribuzione di energia elettrica, rubricata “capitale investito riconosciuto e vita utile dei cespiti.”
3. Per i beni di cui al comma 1, la vita utile cui fare riferimento ai fini di cui al comma 2 decorre dall’esercizio di entrata in funzione, anche se avvenuta presso precedenti soggetti utilizzatori, e non si modifica per effetto di eventuali successivi trasferimenti. Le quote di ammortamento del costo dei beni di cui al comma 1 sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene e, per i beni ceduti o devoluti all’ente concessionario, fino al periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e in proporzione alla durata del possesso.
4. Non è ammessa alcuna ulteriore deduzione per ammortamento anticipato o per una più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore.
5. Le eventuali modifiche delle vite utili di cui al comma 2, deliberate ai fini tariffari dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas successivamente all’entrata in vigore della presente disposizione, rilevano anche ai fini della determinazione delle quote di ammortamento deducibili.
6. In caso di beni utilizzati in locazione finanziaria, indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, la deduzione delle quote di ammortamento compete all’impresa utilizzatrice; alla formazione del reddito imponibile di quella concedente concorrono esclusivamente i proventi finanziari impliciti nei canoni di locazione finanziaria determinati in ciascun esercizio nella misura risultante dal piano di ammortamento finanziario.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano esclusivamente ai beni classificabili nelle categorie omogenee individuate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Per i beni non classificabili in tali categorie continua ad applicarsi l’articolo 102.
8. Per i costi incrementativi capitalizzati successivamente all’entrata in funzione dei beni di cui al comma 1 le quote di ammortamento sono determinate in base alla vita utile residua dei beni.
(1) Articolo introdotto dal comma 325 dell’articolo 1 della legge 266/2005, Finanziaria 2006.

Articolo 103
Ammortamento dei beni immateriali

1. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore a un terzo del costo; quelle relative al costo dei marchi d’impresa sono deducibili in misura non superiore ad un decimo del costo.
2. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.
3. Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso. (1)
4. Si applica la disposizione del comma 8 dell’articolo 102.
(1) Comma così modificato dal comma 521 dell’articolo 1 della legge 266/2005.

Articolo 104
Ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili

1. Per i beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione è consentita, in luogo dell’ammortamento di cui agli articoli 102 e 103, la deduzione di quote costanti di ammortamento finanziario.
2. La quota di ammortamento finanziario deducibile è determinata dividendo il costo dei beni, diminuito degli eventuali contributi del concedente, per il numero degli anni di durata della concessione, considerando tali anche le frazioni. In caso di modifica della durata della concessione, la quota deducibile è proporzionalmente ridotta o aumentata a partire dall’esercizio in cui la modifica è stata convenuta.
3. In caso di incremento o di decremento del costo dei beni, per effetto di sostituzione a costi superiori o inferiori, di ampliamenti, ammodernamenti o trasformazioni, di perdite e di ogni altra causa, la quota di ammortamento finanziario deducibile è rispettivamente aumentata o diminuita, a partire dall’esercizio in cui si è verificato l’incremento o il decremento, in misura pari al relativo ammontare diviso per il numero dei residui anni di durata della concessione.
4. Per le concessioni relative alla costruzione e all’esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull’investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del comma 1 dell’articolo 110.

Articolo 105
Accantonamenti di quiescenza e previdenza

1. Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell’articolo 2117 del codice civile, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi.
2. I maggiori accantonamenti necessari per adeguare i fondi a sopravvenute modificazioni normative e retributive sono deducibili nell’esercizio dal quale hanno effetto le modificazioni o per quote costanti nell’esercizio stesso e nei due successivi.
3. È deducibile un importo non superiore al 3 per cento delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari.(1)
4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f).
(1) La disposizione sarà interessata dalle modifiche introdotte dal Dlgs 252/2005 in vigore dal 1° gennaio 2008.

Articolo 106
Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti

1. Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell’articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio.
2. Le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell’articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l’eccedenza concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso.
3. Per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell’ammontare delle svalutazioni dell’esercizio. L’ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l’ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,40 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio (1).
4. Per gli enti creditizi e finanziari nell’ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonché la rivalutazione delle operazioni “fuori bilancio” iscritte nell’attivo in applicazione dei criteri di cui all’articolo 112.
5. Le perdite sui crediti di cui al comma 3, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell’articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l’ammontare dell’accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l’ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l’eccedenza concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso.
(1) Comma così modificato dal comma 3 dell’articolo 6 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.

Articolo 108
Spese relative a più esercizi

1. Le spese relative a studi e ricerche sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto. Le quote di ammortamento dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolate sul costo degli stessi diminuito dell’importo già dedotto. Per i contributi corrisposti a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici a fronte di tali costi si applica l’articolo 88, comma 3.
2. Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell’esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell’impresa, e i contributi erogati per l’organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente euro 25,82.
3. Le altre spese relative a più esercizi, diverse da quelle considerate nei commi 1 e 2 sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio. Le medesime spese, non capitalizzabili per effetto dei princìpi contabili internazionali, sono deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi.
4. Le spese di cui al presente articolo sostenute dalle imprese di nuova costituzione, comprese le spese di impianto, sono deducibili secondo le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 a partire dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi.

Articolo 109
Norme generali sui componenti del reddito d’impresa

1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.
2. Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza:
a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà;
b) i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione e altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi;
c) per le società e gli enti che hanno emesso obbligazioni o titoli similari la differenza tra le somme dovute alla scadenza e quelle ricevute in dipendenza dell’emissione è deducibile in ciascun periodo di imposta per una quota determinata in conformità al piano di ammortamento del prestito.
3. I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico.
3-bis. Le minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 101 sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 87 non rilevano fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi, ovvero dei loro acconti, percepiti nei trentasei mesi precedenti il realizzo. Tale disposizione si applica anche alle differenze negative tra i ricavi dei beni di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), e i relativi costi.
3-ter. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano con riferimento alle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni acquisite nei trentasei mesi precedenti il realizzo, sempre che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87.
3-quater. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche con riferimento ai differenziali negativi di natura finanziaria derivanti da operazioni iniziate nel periodo d’imposta o in quello precedente sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni di cui al comma 3-bis. (1)

4. Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza. Si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei princìpi contabili internazionali. Sono tuttavia deducibili:
a) quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme della presente sezione che dispongono o consentono il rinvio;
b) quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge. Gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le altre rettifiche di valore, gli accantonamenti e le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all’articolo 102, comma 7, e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a conto economico sono deducibili se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d’esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L’ammontare dell’eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d’esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi (2).
5. Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell’articolo 96. Le plusvalenze di cui all’articolo 87, non rilevano ai fini dell’applicazione del periodo precedente.
6. Qualora nell’esercizio siano stati conseguiti gli interessi e i proventi di cui al comma 3 dell’articolo 1996 che eccedono l’ammontare degli interessi passivi, fino a concorrenza di tale eccedenza non sono deducibili le spese e gli altri componenti negativi di cui al secondo periodo del precedente comma e, ai fini del rapporto previsto dal predetto articolo 96, non si tiene conto di un ammontare corrispondente a quello non ammesso in deduzione.
7. In deroga al comma 1 gli interessi di mora concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio in cui sono percepiti o corrisposti.
8. In deroga al comma 5 non è deducibile il costo sostenuto per l’acquisto del diritto d’usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell’articolo 89.
9. Non è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta:
a) su titoli, strumenti finanziari comunque denominati, di cui all’articolo 44, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi;
b) relativamente ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all’articolo 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi.
(1) Commi introdotti dal comma 1 dell’articolo 5-quinquies del Dl 203/2005 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(2) Comma così modificato dal comma 10 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 110
Norme generali sulle valutazioni

1. Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente:
a) il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte;
b) si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Tuttavia per i beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto; per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione;
c) Il costo dei beni rivalutati, diversi da quelli di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b) ed e), non si intende comprensivo delle plusvalenze iscritte, ad esclusione di quelle che per disposizione di legge non concorrono a formare il reddito. Per i beni indicati nella citata lettera e) che costituiscono immobilizzazioni finanziarie le plusvalenze iscritte non concorrono a formare il reddito per la parte eccedente le minusvalenze dedotte;
d) il costo delle azioni, delle quote e degli strumenti finanziari similari alle azioni si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali conseguentemente non concorrono alla formazione del reddito, né alla determinazione del valore fiscalmente riconosciuto delle rimanenze di tali azioni, quote o strumenti;
e) per i titoli a reddito fisso, che costituiscono immobilizzazioni finanziarie e sono iscritti come tali in bilancio, la differenza positiva o negativa tra il costo d’acquisto e il valore di rimborso concorre a formare il reddito per la quota maturata nell’esercizio.
2. Per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano, quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell’articolo 9; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data. La conversione in euro dei saldi di conto delle stabili organizzazioni all’estero si effettua secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio e le differenze rispetto ai saldi di conto dell’esercizio precedente non concorrono alla formazione del reddito. Per le imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera è consentita la tenuta della contabilità plurimonetaria con l’applicazione del cambio di fine esercizio ai saldi dei relativi conti.
3. La valutazione secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio dei crediti e debiti in valuta, anche sotto forma di obbligazioni, di titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni ai sensi del codice civile o di altre leggi o di titoli assimilati, non assume rilevanza. Si tiene conto della valutazione al cambio della data di chiusura dell’esercizio delle attività e delle passività per le quali il rischio di cambio è coperto, qualora i contratti di copertura siano anche essi valutati in modo coerente secondo il cambio di chiusura dell’esercizio.
4. abrogato
5. I proventi determinati a norma dell’articolo 90 e i componenti negativi di cui ai commi 1 e 6 dell’articolo 102, agli articoli 104 e 106 e ai commi 1 e 2 dell’articolo 107 sono ragguagliati alla durata dell’esercizio se questa è inferiore o superiore a dodici mesi.
6. In caso di mutamento totale o parziale dei criteri di valutazione adottati nei precedenti esercizi il contribuente deve darne comunicazione all’agenzia delle entrate nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato.
7. I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento del reddito; la stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. La presente disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti.
8. La rettifica da parte dell’ufficio delle valutazioni fatte dal contribuente in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi. L’ufficio tiene conto direttamente delle rettifiche operate e deve procedere a rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi.
9. Agli effetti delle norme del presente titolo che vi fanno riferimento il cambio delle valute estere in ciascun mese è accertato, su conforme parere dell’Ufficio italiano dei cambi, con provvedimento dell’Agenzia delle entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il mese successivo.
10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti.
11. Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. La deduzione delle spese e degli altri componenti negativi di cui al comma 10 è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti.
12. Le disposizioni di cui ai commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile gli articoli 167 o 168, concernente disposizioni in materia di imprese estere partecipate.

Articolo 111
Imprese di assicurazioni

1. Nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative concorre a formare il reddito dell’esercizio la variazione delle riserve tecniche obbligatorie fino alla misura massima stabilita a norma di legge, salvo quanto stabilito nei commi successivi.
2. Gli utili di cui all’articolo 89, commi 2 e 3, i maggiori e i minori valori iscritti relativi alle azioni, alle quote di partecipazione e agli strumenti finanziari di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), nonché le plusvalenze e le minusvalenze che fruiscono del regime previsto dall’articolo 87 concorrono a formare il reddito qualora siano relativi ad investimenti a beneficio di assicurati dei rami vita i quali ne sopportano il rischio. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 165 i predetti utili si assumono nell’importo che in base all’articolo 89 concorre a formare il reddito.(1)
3. La variazione della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo, è deducibile nell’esercizio in misura pari al 60 per cento dell’importo iscritto in bilancio; l’eccedenza è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. È considerato componente di lungo periodo il 50 per cento della medesima riserva sinistri. (2)
3-bis. Per le imprese di assicurazione che gestiscono sia il ramo danni che il ramo vita, la valutazione dei titoli e degli strumenti finanziari è attuata separatamente per ciascuno di essi. (3)
4. Le provvigioni relative all’acquisizione dei contratti di assicurazione di durata poliennale stipulati nel periodo di imposta sono deducibili in quote costanti nel periodo stesso e nei due successivi; tuttavia per i contratti di assicurazione sulla vita possono essere dedotte per l’intero ammontare nel predetto periodo. Le provvigioni stesse, se iscritte tra gli elementi dell’attivo a copertura delle riserve tecniche, sono deducibili nei limiti dei corrispondenti caricamenti dei premi e per un periodo massimo pari alla durata di ciascun contratto e comunque non superiore a dieci anni.
(1) Comma così sostituito dal comma 11 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.
(2) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 6 del Dl 203/2005 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005.
(3) Comma aggiunto dal comma 11 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 13 dello stesso articolo 6.

Articolo 112
Operazioni fuori bilancio

1. Si considerano operazioni “fuori bilancio”:
a) i contratti di compravendita non ancora regolati, a pronti o a termine, di titoli e valute;
b) i contratti derivati con titolo sottostante;
c) i contratti derivati su valute;
d) i contratti derivati senza titolo sottostante collegati a tassi di interesse, a indici o ad altre attività.
2. Alla formazione del reddito concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle operazioni “fuori bilancio” in corso alla data di chiusura dell’esercizio.
3. I componenti negativi di cui al comma 2 non possono essere superiori alla differenza tra il valore del contratto o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell’esercizio precedente e il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio. Per la determinazione di quest’ultimo valore, si assume:
a) per i contratti uniformi a termine negoziati in mercati regolamentari italiani o esteri, l’ultima quotazione rilevata entro la chiusura dell’esercizio;
b) per i contratti di compravendita di titoli il valore determinato ai sensi delle lettere a) e b) del comma 4 dell’articolo 94;
c) per i contratti di compravendita di valute, il tasso di cambio a pronti, corrente alla data di chiusura dell’esercizio, se si tratta di operazioni a pronti non ancora regolate, il tasso di cambio a termine corrente alla suddetta data per scadenze corrispondenti a quelle delle operazioni oggetto di valutazione, se si tratta di operazioni a termine;
d) in tutti gli altri casi, il valore determinato secondo i criteri di cui alla lettera c) del comma 4 dell’articolo 9.
4. Se le operazioni di cui al comma 1 sono poste in essere con finalità di copertura di attività o passività, ovvero sono coperte da attività o passività, i relativi componenti positivi e negativi derivanti da valutazione o da realizzo concorrono a formare il reddito secondo le medesime disposizioni che disciplinano i componenti positivi e negativi, derivanti da valutazione o da realizzo, delle attività o passività rispettivamente coperte o di copertura.
5. Se le operazioni di cui al comma 2 sono poste in essere con finalità di copertura dei rischi relativi ad attività e passività produttive di interessi, i relativi componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito, secondo lo stesso criterio di imputazione degli interessi, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi a specifiche attività e passività, ovvero secondo la durata del contratto, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi ad insiemi di attività e passività.
6. Salvo quanto previsto dai princìpi contabili internazionali, ai fini del presente articolo l’operazione si considera con finalità di copertura quando ha lo scopo di proteggere dal rischio di avverse variazioni dei tassi di interesse, dei tassi di cambio o dei prezzi di mercato il valore di singole attività o passività in bilancio o “fuori bilancio” o di insiemi di attività o passività in bilancio o “fuori bilancio”.

Articolo 113
Partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari

1. Gli enti creditizi possono chiedere all’Agenzia delle entrate, secondo la procedura di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto dei diritti del contribuente, che il regime di cui all’articolo 87 non si applichi alle partecipazioni acquisite nell’àmbito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, di cui all’articolo 4, comma 3, del decreto del Ministro del tesoro 22 giugno 1993, n. 242632.
2. L’istanza all’Agenzia delle entrate deve contenere:
a) nel caso di acquisizioni di partecipazioni per recupero di crediti, l’indicazione dei motivi di convenienza di tale procedura rispetto ad altre forme alternative di recupero dei crediti, delle modalità e dei tempi previsti per il recupero e, ove si tratti di partecipazioni dirette nella società debitrice, la precisazione che l’operatività di quest’ultima sarà limitata agli atti connessi con il realizzo e la valorizzazione del patrimonio;
b) nel caso di conversione di crediti, l’indicazione degli elementi che inducono a ritenere temporanea la situazione di difficoltà finanziaria del debitore, ragionevoli le prospettive di riequilibrio economico e finanziario nel medio periodo ed economicamente conveniente la conversione rispetto a forme alternative di recupero dei crediti; inoltre devono essere indicate le caratteristiche del piano di risanamento, che deve essere predisposto da più enti creditizi o finanziari rappresentanti una quota elevata dell’esposizione debitoria dell’impresa in difficoltà;
c) la rinuncia, in caso di accoglimento dell’istanza, ad avvalersi, nei confronti della società in cui si acquisisce la partecipazione, delle opzioni di cui alle sezioni II e III del presente capo e della facoltà prevista dall’articolo 115 fino all’esercizio in cui mantenga il possesso delle partecipazioni di cui sopra.
3. L’accoglimento dell’istanza di cui al comma 1 comporta, ai fini dell’applicazione degli articoli 101, comma 5, e 106, da parte degli originari creditori, l’equiparazione ai crediti estinti o convertiti delle partecipazioni acquisite e delle quote di partecipazioni successivamente sottoscritte per effetto dell’esercizio del relativo diritto d’opzione, a condizione che il valore dei crediti convertiti sia trasferito alle azioni ricevute.

Articolo 114
Banca d’Italia e Ufficio italiano dei cambi

1. Nella determinazione del reddito della Banca d’Italia e dell’Ufficio italiano dei cambi assumono rilevanza i bilanci compilati in conformità ai criteri di rilevazione e di redazione adottati dalla Banca Centrale Europea ai sensi dello Statuto del SEBC e alle raccomandazioni dalla stessa formulate in materia, e non si tiene conto degli utili e dei proventi da versare allo Stato in ottemperanza a disposizioni legislative, regolamentari, statutarie, a deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio o a convenzioni con il Ministero dell’economia e delle finanze.
2. Salvo quanto previsto al comma 1, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 110, comma 2, terzo periodo, 106 commi 3, 4 e 5, e 112. (1)
(1) Articolo sostituito dal comma 12 dell’articolo 6 del Dlgs 247/2005 con la decorrenza stabilita dal comma 13 dello stesso articolo.

Articolo 115
Opzione per la trasparenza fiscale

1. Esercitando l’opzione di cui al comma 4, il reddito imponibile dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente soggetti di cui allo stesso articolo 73, comma 1, lettera a), ciascuno con una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale, richiamata dall’articolo 2346 del codice civile, e di partecipazione agli utili non inferiore al 10 per cento e non superiore al 50 per cento, è imputato a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Ai soli fini dell’ammissione al regime di cui al presente articolo, nella percentuale di partecipazione agli utili di cui al periodo precedente non si considerano le azioni prive del predetto diritto di voto e la quota di utili delle azioni di cui all’articolo 2350, secondo comma, primo periodo, del codice civile, si assume pari alla quota di partecipazione al capitale delle azioni medesime. I requisiti di cui al primo periodo devono sussistere a partire dal primo giorno del periodo d’imposta della partecipata in cui si esercita l’opzione e permanere ininterrottamente sino al termine del periodo di opzione. L’esercizio dell’opzione non è consentito nel caso in cui:
a) i soci partecipanti fruiscano della riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società;
b) la società partecipata eserciti l’opzione di cui agli articoli 117 e 130 (1)
.
2. Nel caso in cui i soci con i requisiti di cui al comma 1 non siano residenti nel territorio dello Stato l’esercizio dell’opzione è consentito a condizione che non vi sia obbligo di ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti.
3. L’imputazione del reddito avviene nei periodi d’imposta delle società partecipanti in corso alla data di chiusura dell’esercizio della società partecipata. Le ritenute operate a titolo d’acconto sui redditi di tale società, i relativi crediti d’imposta e gli acconti versati si scomputano dalle imposte dovute dai singoli soci secondo la percentuale di partecipazione agli utili di ciascuno. Le perdite fiscali della società partecipata relative a periodi in cui è efficace l’opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile della società partecipata.
4. L’opzione è irrevocabile per tre esercizi sociali della società partecipata e deve essere esercitata da tutte le società e comunicata all’Amministrazione finanziaria, entro il primo dei tre esercizi sociali predetti, secondo le modalità indicate in un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
5. L’esercizio dell’opzione di cui al comma 4 non modifica il regime fiscale in capo ai soci di quanto distribuito dalla società partecipata utilizzando riserve costituite con utili di precedenti esercizi o riserve di cui all’articolo 47, comma 5. Ai fini dell’applicazione del presente comma, durante i periodi di validità dell’opzione, salva una diversa esplicita volontà assembleare, si considerano prioritariamente distribuiti gli utili imputati ai soci ai sensi del comma 1. In caso di coperture di perdite, si considerano prioritariamente utilizzati gli utili imputati ai soci ai sensi del comma 1.
6. Nel caso vengano meno le condizioni per l’esercizio dell’opzione, l’efficacia della stessa cessa dall’inizio dell’esercizio sociale in corso della società partecipata. Gli effetti dell’opzione non vengono meno nel caso di mutamento della compagine sociale della società partecipata mediante l’ingresso di nuovi soci con i requisiti di cui al comma 1 o 2.
7. Nel primo esercizio di efficacia dell’opzione gli obblighi di acconto permangono anche in capo alla partecipata. Per la determinazione degli obblighi di acconto della partecipata stessa e dei suoi soci nel caso venga meno l’efficacia dell’opzione, si applica quanto previsto dall’articolo 124, comma 2. Nel caso di mancato rinnovo dell’opzione, gli obblighi di acconto si determinano senza considerare gli effetti dell’opzione sia per la società partecipata, sia per i soci.
8. La società partecipata è solidalmente responsabile con ciascun socio per l’imposta, le sanzioni e gli interessi conseguenti all’obbligo di imputazione del reddito.
9. Le disposizioni applicative della presente norma sono stabilite dallo stesso decreto ministeriale di cui all’articolo 129.
10. Ai soggetti di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 40, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
11. Il socio ridetermina il reddito imponibile oggetto di imputazione rettificando i valori patrimoniali della società partecipata secondo le modalità previste dall’articolo 128, fino a concorrenza delle svalutazioni determinatesi per effetto di rettifiche di valore ed accantonamenti fiscalmente non riconosciuti, al netto delle rivalutazioni assoggettate a tassazione, dedotte dal socio medesimo nel periodo d’imposta antecedente a quello dal quale ha effetto l’opzione di cui al comma 4 e nei nove precedenti (346/b).
12. Per le partecipazioni in società indicate nel comma 1 il relativo costo è aumentato o diminuito, rispettivamente, dei redditi e delle perdite imputati ai soci ed è altresì diminuito, fino a concorrenza dei redditi imputati, degli utili distribuiti ai soci.
(1) Comma così sostituito dal comma 1 dell’articolo 7 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.

Articolo 116
Opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria

1. L’opzione di cui all’articolo 115 può essere esercitata con le stesse modalità ed alle stesse condizioni, ad esclusione di quelle indicate nel comma 1 del medesimo articolo 115, dalle società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 o a 20 nel caso di società cooperativa. L’opzione non può essere esercitata, o se esercitata perde efficacia, nel caso di possesso o di acquisto di una partecipazione con i requisiti di cui all’articolo 87.
2. Si applicano le disposizioni del terzo periodo del comma 3 dell’articolo 115 e quelle del primo e terzo periodo del comma 3 dell’articolo 8.


Sezione II – Consolidato nazionale

Articolo 117
Soggetti ammessi alla tassazione di gruppo di imprese controllate residenti

1. La società o l’ente controllante e ciascuna società controllata rientranti fra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), fra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, con i requisiti di cui all’articolo 120, possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo.
2. I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), possono esercitare l’opzione di cui al comma 1 solo in qualità di controllanti ed a condizione:
a) di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione;
b) di esercitare nel territorio dello Stato un’attività d’impresa, come definita dall’articolo 55, mediante una stabile organizzazione, come definita dall’articolo 162, nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata (1).
3. Permanendo il requisito del controllo di cui al comma 1, l’opzione ha durata per tre esercizi sociali ed è irrevocabile. Nel caso venga meno tale requisito si determinano le conseguenze di cui all’articolo 124 (2).
(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.
(2) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.

Articolo 118
Effetti dell’esercizio dell’opzione

1. L’esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo di cui all’articolo 117 comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti da considerare, quanto alle società controllate, per l’intero importo indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante. Al soggetto controllante compete il riporto a nuovo della eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell’unica imposta dovuta o dell’unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo.
1-bis. Ai fini della determinazione del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero di cui all’articolo 165:
a) per reddito complessivo deve intendersi il reddito complessivo globale;
b) la quota di imposta italiana fino a concorrenza della quale è accreditabile l’imposta estera è calcolata separatamente per ciascuno dei soggetti partecipanti al consolidato, e per ciascuno Stato;
c) nelle ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio o di mancato rinnovo dell’opzione il diritto al riporto in avanti e all’indietro dell’eccedenza di cui all’articolo 165, comma 6, compete ai soggetti che hanno prodotto i redditi all’estero (1).

2. Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo di cui alla presente sezione possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono. Le eccedenze d’imposta riportate a nuovo relative agli stessi esercizi possono essere utilizzate dalla società o ente controllante o alternativamente dalle società cui competono. Resta ferma l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
3. Gli obblighi di versamento a saldo ed in acconto competono esclusivamente alla controllante. L’acconto dovuto è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, al netto delle detrazioni e dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, come indicata nella dichiarazione dei redditi, presentata ai sensi dell’articolo 122. Per il primo esercizio la determinazione dell’acconto dovuto dalla controllante è effettuata sulla base dell’imposta, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, corrispondente alla somma algebrica dei redditi relativi al periodo precedente come indicati nelle dichiarazioni dei redditi presentate per il periodo stesso dalle società singolarmente considerate. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.
4. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto escluse le somme percepite o versate tra le società di cui al comma 1 in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.
(1) Comma aggiunto dal comma 2 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.

Articolo 119
Condizioni per l’efficacia dell’opzione

1. L’opzione può essere esercitata da ciascuna entità legale solo in qualità di controllante o solo in qualità di controllata e la sua efficacia è subordinata al verificarsi delle seguenti condizioni:
a) identità dell’esercizio sociale di ciascuna società controllata con quello della società o ente controllante;
b) esercizio congiunto dell’opzione da parte di ciascuna controllata e dell’ente o società controllante;
c) elezione di domicilio da parte di ciascuna controllata presso la società o ente controllante ai fini della notifica degli atti e provvedimenti relativi ai periodi d’imposta per i quali è esercitata l’opzione prevista dall’articolo 117. L’elezione di domicilio è irrevocabile fino al termine del periodo di decadenza dell’azione di accertamento o di irrogazione delle sanzioni relative all’ultimo esercizio il cui reddito è stato incluso nella dichiarazione di cui all’articolo 122;
d) l’avvenuto esercizio congiunto dell’opzione deve essere comunicato all’Agenzia delle entrate entro il ventesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio cui si riferisce l’esercizio dell’opzione stessa secondo le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 129 (1).
2. Non viene meno l’efficacia dell’opzione nel caso in cui per effetto di operazioni di fusione, di scissione e di liquidazione volontaria si determinano all’interno dello stesso esercizio più periodi d’imposta. Il decreto di cui all’articolo 129 stabilisce le modalità e gli adempimenti formali da porre in essere per pervenire alla determinazione del reddito complessivo globale.
(1) Lettera così modificata dal comma 3 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.

Articolo 120
Definizione del requisito di controllo

1. Agli effetti della presente sezione si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata:
a) al cui capitale sociale la società o l’ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento, da determinarsi relativamente all’ente o società controllante tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, senza considerare le azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale richiamata dall’articolo 2346 del codice civile;
b) al cui utile di bilancio la società o l’ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi relativamente all’ente o società controllante, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo e senza considerare la quota di utile di competenza delle azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale richiamata dall’articolo 2346 del codice civile.
2. Il requisito del controllo di cui all’articolo 117, comma 1 deve sussistere sin dall’inizio di ogni esercizio relativamente al quale la società o ente controllante e la società controllata si avvalgono dell’esercizio dell’opzione.

Articolo 121
Obblighi delle società controllate

1. Per effetto dell’esercizio congiunto dell’opzione di cui all’articolo 117, ciascuna società controllata, secondo quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 129, deve:
a) compilare il modello della dichiarazione dei redditi al fine di comunicare alla società o ente controllante la determinazione del proprio reddito complessivo, delle ritenute subite, delle detrazioni e dei crediti d’imposta spettanti, compresi quelli compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e degli acconti autonomamente versati. Al modello deve essere allegato il prospetto di cui all’articolo 109, comma 4, lettera b), con le indicazioni richieste relative ai componenti negativi di reddito dedotti;
b) fornire alla società controllante i dati relativi ai beni ceduti ed acquistati secondo il regime di neutralità fiscale di cui all’articolo 123, specificando la differenza residua tra valore di libro e valore fiscale riconosciuto;
c) fornire ogni necessaria collaborazione alla società controllante per consentire a quest’ultima l’adempimento degli obblighi che le competono nei confronti dell’Amministrazione finanziaria anche successivamente al periodo di validità dell’opzione.

Articolo 122
Obblighi della società od ente controllante e rettifiche di consolidamento

1. La società o l’ente controllante presenta la dichiarazione dei redditi del consolidato e calcola il reddito complessivo globale apportando alla somma algebrica dei redditi complessivi dei soggetti partecipanti le seguenti variazioni:
a) in diminuzione per un importo corrispondente alla quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate di cui all’articolo 117, comma 1, anche se provenienti da utili assoggettati a tassazione in esercizi precedenti a quello di inizio dell’opzione;
b) in diminuzione o in aumento per effetto della rideterminazione del pro-rata patrimoniale di cui all’articolo 97, secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso articolo;
c) in diminuzione per un importo corrispondente alla differenza tra il valore di libro e quello fiscale riconosciuto dei beni assoggettati al regime di neutralità di cui all’articolo 123.

Articolo 123
Regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo

1. Fra le società che hanno esercitato l’opzione di cui alla presente sezione, le cessioni di beni diversi da quelli di cui agli articoli 85 e 87, possono avvenire in regime di continuità di valori fiscali riconosciuti su opzione congiunta della società cedente e cessionaria risultante dal relativo contratto stipulato in forma scritta ed a condizione che dalla dichiarazione dei redditi di cui all’articolo 122 risulti la differenza tra il valore di libro ed il valore fiscale riconosciuto del bene trasferito.
2. Salvo l’accoglimento dell’istanza di cui al comma 8 dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le perdite fiscali di cui all’articolo 118, comma 2, non possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze realizzate dal cessionario con la successiva cessione o il successivo conferimento dei beni trasferiti secondo il regime di neutralità fiscale di cui al comma 1.
2-bis. Le perdite fiscali di cui all’articolo 118, comma 2, non possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze realizzate dal cedente a seguito del trasferimento dei beni effettuato secondo il regime di neutralità fiscale di cui al comma 1 (1).
(1) Comma aggiunto dal comma 4 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 7.

Articolo 124
Interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio

1. Se il requisito del controllo, così come definito dall’articolo 117, cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio, il reddito della società o dell’ente controllante, per il periodo d’imposta in cui viene meno tale requisito, viene aumentato o diminuito per un importo corrispondente:
a) agli interessi passivi dedotti o non dedotti nei precedenti esercizi del triennio per effetto di quanto previsto dall’articolo 97, comma 2;
b) alla residua differenza tra il valore di libro e quello fiscale riconosciuto dei beni acquisiti dalla stessa società o ente controllante o da altra società controllata secondo il regime di neutralità fiscale di cui all’articolo 123. Il periodo precedente si applica nel caso in cui il requisito del controllo venga meno anche nei confronti della sola società cedente o della sola società cessionaria (1).
2. Nel caso di cui al comma 1 entro trenta giorni dal venir meno del requisito del controllo:
a) la società o l’ente controllante deve integrare quanto versato a titolo d’acconto se il versamento complessivamente effettuato è inferiore a quello dovuto relativamente alle società per le quali continua la validità dell’opzione;
b) ciascuna società controllata deve effettuare l’integrazione di cui alla lettera precedente riferita ai redditi propri, così come risultanti dalla comunicazione di cui all’articolo 121.
3. Ai fini del comma 2, entro lo stesso termine ivi previsto, con le modalità stabilite dal decreto di cui all’articolo 129, la società o l’ente controllante può attribuire, in tutto o in parte, i versamenti già effettuati, per quanto eccedente il proprio obbligo, alle controllate nei cui confronti è venuto meno il requisito del controllo.
4. Le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione di cui all’articolo 122, i crediti chiesti a rimborso e, salvo quanto previsto dal comma 3, le eccedenze riportate a nuovo permangono nell’esclusiva disponibilità della società o ente controllante. Il decreto di cui all’articolo 129 può prevedere appositi criteri per l’attribuzione delle perdite fiscali, risultanti dalla dichiarazione di cui all’articolo 122, alle società che le hanno prodotte, al netto di quelle utilizzate, e nei cui confronti viene meno il requisito del controllo (2).
5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche nel caso di fusione di una società controllata in altra non inclusa nel consolidato. Nel caso di fusione della società o ente controllante con società o enti non appartenenti al consolidato può essere richiesta, mediante l’esercizio dell’interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la continuazione del consolidato. Con il decreto di cui all’articolo 129 sono disciplinati gli eventuali ulteriori casi di interruzione anticipata del consolidato.
6. L’articolo 118, comma 4, si applica anche relativamente alle somme percepite o versate tra le società del comma 1 per compensare gli oneri connessi con l’interruzione della tassazione di gruppo relativi all’imposta sulle società.
(1) Comma così modificato dal comma 5 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 7 dello stesso articolo 8.
(2) Comma così modificato dal comma 5 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 7 dello stesso articolo 8.

Articolo 125
Mancato rinnovo dell’opzione

1. Le disposizioni dell’articolo 124, comma 1, lettera b), si applicano sia nel caso di mancato rinnovo dell’opzione di cui all’articolo 117, sia nel caso in cui l’opzione rinnovata non riguardi entrambe le società di cui alla predetta lettera b).
2. Nel caso di mancato rinnovo dell’opzione, gli obblighi di acconto si calcolano relativamente a ciascuna società singolarmente considerata con riferimento ai redditi propri così come risultanti dalle comunicazioni di cui all’articolo 121. Si applica la disposizione dell’articolo 124, comma 4.
3. L’articolo 118, comma 4, si applica anche relativamente alle somme percepite o versate tra le società di cui al comma 1 per compensare gli oneri connessi con il mancato rinnovo della tassazione di gruppo relativi all’imposta sulle società.

Articolo 126
Limiti all’efficacia ed all’esercizio dell’opzione

1. Non possono esercitare l’opzione di cui all’articolo 117 le società che fruiscono di riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi delle società.
2. Nel caso di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa, l’esercizio dell’opzione non è consentito e, se già avvenuto, cessa dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione del fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione.

Articolo 127
Responsabilità

1. La società o l’ente controllante è responsabile:
a) per la maggiore imposta accertata e per gli interessi relativi, riferita al reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di cui all’articolo 122;
b) per le somme che risultano dovute, con riferimento alla medesima dichiarazione, a seguito dell’attività di controllo prevista dall’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, riferita alle dichiarazioni dei redditi propria di ciascun soggetto che partecipa al consolidato e dell’attività di liquidazione di cui all’articolo 36-bis del medesimo decreto;
c) per l’adempimento degli obblighi connessi alla determinazione del reddito complessivo globale di cui all’articolo 122;
d) solidalmente per il pagamento di una somma pari alla sanzione di cui alla lettera b) del comma 2 irrogata al soggetto che ha commesso la violazione (1).
2. Ciascuna società controllata che partecipa al consolidato è responsabile:
a) solidalmente con l’ente o società controllante per la maggiore imposta accertata e per gli interessi relativi, riferita al reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di cui all’articolo 122, in conseguenza della rettifica operata sul proprio reddito imponibile, e per le somme che risultano dovute, con riferimento alla medesima dichiarazione, a seguito dell’attività di controllo prevista dall’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell’attività di liquidazione di cui all’articolo 36-bis del medesimo decreto, in conseguenza della rettifica operata sulla propria dichiarazione dei redditi;
b) per la sanzione correlata alla maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di cui all’articolo 122, in conseguenza della rettifica operata sul proprio reddito imponibile, e alle somme che risultano dovute con riferimento alla medesima dichiarazione, a seguito dell’attività di controllo prevista dall’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell’attività di liquidazione di cui all’articolo 36-bis del medesimo decreto, in conseguenza della rettifica operata sulla propria dichiarazione dei redditi;
c) per le sanzioni diverse da quelle di cui alla lettera b) (2).
3. abrogato (3)
(1) Comma così sostituito dal comma 6 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 7 dello stesso articolo 8.
(2) Comma così sostituito dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 7 dello stesso articolo 8.
(3) Comma abrogato dal comma 6 dell’articolo 8 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 7 dello stesso articolo 8.

Articolo 128
Norma transitoria

1. Fino a concorrenza delle svalutazioni determinatesi per effetto di rettifiche di valore ed accantonamenti fiscalmente non riconosciuti, al netto delle rivalutazioni assoggettate a tassazione, dedotte nel periodo d’imposta antecedente a quello dal quale ha effetto l’opzione di cui all’articolo 117 e nei nove precedenti dalla società o ente controllante o da altra società controllata, anche se non esercente l’opzione di cui all’articolo 117, i valori fiscali degli elementi dell’attivo e del passivo della società partecipata se, rispettivamente, superiori o inferiori a quelli contabili sono ridotti o aumentati dell’importo delle predette svalutazioni in proporzione ai rapporti tra la differenza dei valori contabili e fiscali dell’attivo e del passivo e l’ammontare complessivo di tali differenze.

Articolo 129
Disposizioni applicative

1. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative della presente sezione.

Sezione III – Consolidato mondiale

Articolo 130
Soggetti ammessi alla determinazione della unica base imponibile per il gruppo di imprese non residenti

1. Le società e gli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), possono esercitare l’opzione per includere proporzionalmente nella propria base imponibile, indipendentemente dalla distribuzione, i redditi conseguiti da tutte le proprie società controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile non residenti e rientranti nella definizione di cui all’articolo 133.
2. L’esercizio dell’opzione di cui al comma 1 è consentito alle società ed agli enti:
a) i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati;
b) controllati ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1) del codice civile esclusivamente dallo Stato o da altri enti pubblici, da persone fisiche residenti che non si qualifichino a loro volta, tenendo conto delle partecipazioni possedute da loro parti correlate, quali soggetti controllanti ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numeri 1) e 2), del codice civile di altra società o ente commerciale residente o non residente.
3. Per la verifica della condizione di cui alla lettera b) del comma 2, le partecipazioni possedute dai familiari di cui all’articolo 5, comma 5, si cumulano fra loro.
4. La società controllante che si qualifica per l’esercizio dell’opzione di cui al comma 1 non può quale controllata esercitare anche l’opzione di cui alla sezione precedente.

Articolo 131
Effetti dell’esercizio dell’opzione

1. L’esercizio dell’opzione consente di imputare al soggetto controllante indipendentemente dalla distribuzione i redditi e le perdite prodotti dalle controllate non residenti di cui all’articolo 133 per la quota parte corrispondente alla quota di partecipazione agli utili dello stesso soggetto controllante e delle società controllate residenti di cui al comma 2, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria di controllo.
2. Nel caso in cui la partecipazione in una controllata non residente sia detenuta in tutto o in parte per il tramite di una o più controllate residenti, per la validità dell’opzione di cui all’articolo 130 è necessario che la società controllante e ciascuna di tali controllate residenti esercitino l’opzione di cui alla sezione II. In tal caso la quota di reddito della controllata non residente da includere nella base imponibile del gruppo corrisponde alla somma delle quote di partecipazione di ciascuna società residente di cui al presente comma.
3. L’imputazione di cui al comma 1 avviene nel periodo d’imposta del soggetto controllante e delle società controllate di cui al comma 2 in corso alla data di chiusura dell’esercizio della società non residente. Nel caso in cui quest’ultima non abbia l’obbligo della redazione annuale del bilancio d’esercizio, l’imputazione avviene l’ultimo giorno del periodo cui si riferisce il bilancio volontario di cui all’articolo 132, comma 2.
4. Ai fini del comma 3 si considera la quota di partecipazione agli utili alla data di chiusura dell’esercizio della società non residente o se maggiore quella alla data di approvazione o revisione del relativo bilancio.
5. Gli obblighi di versamento a saldo ed in acconto competono alla controllante. L’acconto dovuto è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, al netto delle detrazioni e dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, come indicata nella dichiarazione dei redditi presentata ai sensi dell’articolo 130. Per il primo esercizio la determinazione dell’acconto dovuto dalla controllante è effettuata sulla base dell’imposta, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, corrispondente alla somma algebrica degli imponibili relativi al periodo precedente, come indicati nelle dichiarazioni dei redditi presentate per il periodo stesso dalle società residenti singolarmente considerate. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.

Articolo 132
Condizioni per l’efficacia dell’opzione

1. Permanendo il requisito del controllo, così come definito nell’articolo 133, l’opzione di cui all’articolo 131 è irrevocabile per un periodo di tempo non inferiore a cinque esercizi del soggetto controllante. I successivi rinnovi hanno un’efficacia non inferiore a tre esercizi.
2. L’efficacia dell’opzione è altresì subordinata al verificarsi delle seguenti condizioni:
a) il suo esercizio deve avvenire relativamente a tutte le controllate non residenti, così, come definite dall’articolo 133;
b) identità dell’esercizio sociale di ciascuna società controllata con quello della società o ente controllante, salvo nel caso in cui questa coincidenza non sia consentita dalle legislazioni locali;
c) revisione dei bilanci del soggetto controllante residente e delle controllate residenti di cui all’articolo 131, comma 2, e di quelle non residenti di cui all’articolo 133, da parte dei soggetti iscritti all’albo Consob previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, o, per quanto riguarda le controllate non residenti, anche da altri soggetti a condizione che il revisore del soggetto controllante utilizzi gli esiti della revisione contabile dagli stessi soggetti effettuata ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato. Nel caso in cui la controllata non abbia l’obbligo della redazione annuale del bilancio, redazione a cura dell’organo sociale cui compete l’amministrazione della società di un bilancio volontario riferito ad un periodo di tempo corrispondente al periodo d’imposta della controllante, comunque soggetto alla revisione di cui al primo periodo;
d) attestazione rilasciata da ciascuna società controllata non residente secondo le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 142 dalla quale risulti:
1) il consenso alla revisione del proprio bilancio di cui alla lettera c);
2) l’impegno a fornire al soggetto controllante la collaborazione necessaria per la determinazione dell’imponibile e per adempiere entro un periodo non superiore a 60 giorni dalla loro notifica alle richieste dell’Amministrazione finanziaria;
d-bis) l’esercizio dell’opzione è comunicato all’Agenzia delle entrate, secondo le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 142, entro il mese successivo a quello di scadenza del termine previsto per la comunicazione della risposta all’interpello di cui al comma 3 (1).
3. Entro il primo esercizio di cui al comma 1 la società controllante interpella l’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 agosto 2000, n. 212, recante lo statuto dei diritti del contribuente, al fine di verificare la sussistenza dei requisiti per il valido esercizio dell’opzione. In particolare dall’istanza di interpello dovrà risultare:
a) la qualificazione soggettiva del soggetto controllante all’esercizio dell’opzione ai sensi dell’articolo 130, comma 2;
b) la puntuale descrizione della struttura societaria estera del gruppo con l’indicazione di tutte le società controllate;
c) la denominazione, la sede sociale, l’attività svolta, l’ultimo bilancio disponibile di tutte le controllate non residenti nonché la quota di partecipazione agli utili riferita alla controllante ed alle controllate di cui all’articolo 131, comma 2, l’eventuale diversa durata dell’esercizio sociale e le ragioni che richiedono tale diversità;
d) la denominazione dei soggetti cui è stato attribuito l’incarico per la revisione dei bilanci e le conferme dell’avvenuta accettazione di tali incarichi;
e) l’elenco delle imposte relativamente alle quali verrà presumibilmente richiesto il credito di cui all’articolo 165.
4. La risposta positiva dell’Agenzia delle entrate può essere subordinata all’assunzione da parte del soggetto controllante dell’obbligo ad altri adempimenti finalizzati ad una maggiore tutela degli interessi erariali. Con lo stesso interpello di cui al comma 3 il soggetto controllante può a sua volta richiedere, oltre a quelle già previste, ulteriori semplificazioni per la determinazione del reddito imponibile fra le quali anche l’esclusione delle società controllate di dimensioni non rilevanti residenti in uno Stato o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 167, comma 4.
5. Le variazioni dei dati di cui al comma 3 sono comunicate all’Agenzia delle entrate con le modalità previste dallo stesso comma 3 entro il mese successivo alla fine del periodo d’imposta durante il quale si sono verificate.
(1) Lettera aggiunta dal comma 1 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.

Articolo 133
Definizione del requisito di controllo

1. Agli effetti della presente sezione, si considerano controllate le società e gli enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica non residenti nel territorio dello Stato le cui azioni, quote, diritti di voto e di partecipazione agli utili sono posseduti direttamente o indirettamente dalla società o ente controllante per una percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi relativamente alla società controllante ed alle società controllate residenti di cui all’articolo 131, comma 2, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo.
2. Le partecipazioni di cui al comma 1 devono sussistere alla fine dell’esercizio del soggetto controllante. Tuttavia i redditi e le perdite prodotti dalle società cui tali partecipazioni si riferiscono sono esclusi dalla formazione della base imponibile di gruppo nel caso in cui il requisito del controllo di cui al comma precedente si sia verificato entro i sei mesi precedenti la fine dell’esercizio della società controllante (1).
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.

Articolo 134
Obblighi della società od ente controllante e rettifiche di consolidamento

1. L’ente o la società controllante provvede a calcolare il reddito imponibile di ciascuna controllata estera. A tale scopo il reddito risultante dai bilanci revisionati viene rideterminato secondo le norme di cui alla sezione I del presente capo e del titolo III in quanto compatibili con quelle di cui alla presente sezione e con le rettifiche di seguito previste:
a) esclusione della quota imponibile del dividendo distribuito da società incluse nella tassazione di gruppo anche se provenienti da utili di esercizi precedenti a quello di inizio dell’opzione di cui all’articolo 130;
b) indipendentemente dai criteri adottati per la redazione dei singoli bilanci revisionati, adozione di un trattamento uniforme dei componenti positivi e negativi di reddito dagli stessi risultanti secondo i criteri di cui alla predetta sezione I, consentendo nell’esercizio di competenza la deducibilità dei componenti negativi non solo se imputati al conto economico di un esercizio precedente, ma anche successivo;
c) i valori risultanti dal bilancio relativo all’esercizio o periodo di gestione anteriore al primo cui si applicano le disposizioni della presente sezione sono riconosciuti ai fini dell’imposta sulle società a condizione che siano conformi a quelli derivanti dall’applicazione dei criteri contabili adottati nei precedenti esercizi e che siano adempiuti gli obblighi formali eventualmente previsti dal decreto di cui all’articolo 142 salvo quanto di seguito previsto:
1) i fondi per rischi ed oneri risultanti dal predetto bilancio istituiti con finalità analoghe a quelli previsti nella sezione I di questo capo si considerano riconosciuti ai fini dell’imposta sul reddito fino a concorrenza dell’importo massimo per gli stessi previsto;
2) qualora le norme della sezione I di questo capo non prevedano un importo massimo, gli stessi si considerano fiscalmente riconosciuti per intero o nel minor ammontare corrispondente agli accantonamenti che sarebbero stati deducibili secondo le norme della predetta sezione I a condizione che tale minore ammontare sia rideterminato dal soggetto controllante;
3) i fondi per rischi ed oneri risultanti dal predetto bilancio istituiti con finalità diverse da quelli previsti dalla stessa sezione I non si considerano fiscalmente riconosciuti (1);
4) il valore delle rimanenze finali dei beni indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 85 si considera fiscalmente riconosciuto in misura non superiore al valore normale di cui all’articolo 92, comma 5.
d) esclusione dal reddito imponibile degli utili e delle perdite di cambio relativi a finanziamenti attivi e passivi di durata superiore a diciotto mesi stipulati fra le società non residenti o fra queste e quelle residenti incluse nella determinazione dell’unica base imponibile di cui alla presente sezione se denominati nella valuta utilizzata dal debitore o in quella utilizzata dal creditore per la redazione del proprio bilancio di cui all’articolo 132, comma 2;
e) i redditi rideterminati secondo i criteri di cui ai punti precedenti concorrono alla formazione dell’imponibile convertiti secondo il cambio del giorno di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della società non residente;
f) inapplicabilità delle norme di cui agli articoli 95, commi 2, 3 e 5, 98, 99, comma 1, secondo periodo, 100, 102, commi 6 e 9, 108, comma 2, secondo periodo e 164;
g) relativamente al reddito imponibile delle controllate estere l’art. 109, comma 4, lettera b) si applica nei limiti in cui analoghe deduzioni dal reddito imponibile sono riconosciute dalle legislazioni locali. In tal caso, è ammessa la deducibilità dei componenti negativi ivi previsti fino a concorrenza del minor importo tra la misura prevista dalla legislazione nazionale e quanto effettivamente dedotto dalla controllata estera secondo le modalità ed alle condizioni di cui al decreto previsto dall’articolo 142; in mancanza della predetta previsione nella legislazione locale e fermo restando quanto previsto dalla precedente lettera b), non sono deducibili dal reddito complessivo del gruppo i componenti negativi di reddito di cui al predetto articolo non imputati al conto economico della controllata estera cui si riferiscono.
2. Non rilevano le perdite delle controllate non residenti relative agli esercizi precedenti l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 130.
(1) Numero così modificato dal comma 3 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.

Articolo 135
Determinazione delle plusvalenze per i trasferimenti infragruppo

1. Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalle cessioni, inclusi i conferimenti, di beni diversi da quelli di cui agli articoli 85 e 87, fra le società non residenti cui si riferisce l’opzione di cui alla presente sezione, concorrono alla formazione del reddito complessivo in misura corrispondente alla differenza tra la percentuale di partecipazione agli utili del soggetto controllante e delle società controllate residenti di cui all’articolo 131, comma 2, nella controllata cedente e quella se minore nella controllata acquirente (1).
2. Il costo fiscalmente riconosciuto del bene trasferito alla società acquirente sarà pari a quello precedente il trasferimento maggiorato della quota di plusvalenza che ha concorso alla formazione del reddito imponibile ai sensi del comma 1.
(1) Comma così modificato dal comma 4 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.

Articolo 136
Determinazione dell’imposta dovuta

1. La società controllante, effettuando la somma algebrica del proprio imponibile e di quelli delle controllate estere determinati secondo i criteri di cui agli articoli precedenti, determina il reddito imponibile complessivo relativamente al quale calcola l’imposta corrispondente (1).
2. Dall’imposta determinata secondo il comma 1, oltre alle detrazioni, alle ritenute ed ai crediti d’imposta relativi al soggetto controllante, sono ammesse in detrazione le imposte sul reddito pagate all’estero a titolo definitivo secondo i criteri di cui all’articolo 165 e ai commi da 3 a 6.
3. Al fine di determinare la quota di imposta italiana relativa al reddito estero oggetto di imputazione alla formazione del reddito imponibile complessivo di cui al comma 1, concorrono prioritariamente i redditi prodotti dalle controllate estere, e la quota di imposta italiana fino a concorrenza della quale è accreditabile l’imposta estera è calcolata con riferimento a ciascuna controllata estera. L’eventuale eccedenza dell’imposta estera è utilizzabile nei periodi d’imposta precedenti o successivi secondo le disposizioni di cui all’articolo 165.
4. Fino a concorrenza della quota d’imposta italiana relativa al reddito prodotto da ciascuna controllata estera successivamente all’esercizio dell’opzione, il credito per imposte pagate all’estero viene riliquidato negli esercizi in cui avviene il pagamento a titolo definitivo di ulteriori imposte estere sullo stesso reddito anche se distribuito (2).
5. Ai fini dell’applicazione del comma 4, si considerano prioritariamente distribuiti i redditi prodotti negli esercizi più recenti.
6. Nel caso in cui nello stesso Paese estero siano presenti più società controllate e la legislazione locale preveda una forma di tassazione di gruppo analoga a quella di cui alla precedente sezione se, ricorrendone in concreto le condizioni, le società controllate non si avvalgono di tale forma di tassazione di gruppo nel Paese estero, ai fini dell’applicazione dell’articolo 165 si assume come imposta estera quella che sarebbe stata dovuta se tali società si fossero avvalse del consolidato. Le società ammesse alla tassazione di gruppo in tale Paese costituiscono, ai fini del presente articolo, una o più società a seconda che la compensazione dei singoli imponibili nel Paese estero sia consentita in modo totale o parziale (3).
(1) Comma così modificato dal comma 5 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.
(2) Comma così modificato dal comma 5 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.
(3) Comma così sostituito dal comma 5 dell’articolo 9 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 6 dello stesso articolo 9.

Articolo 137
Interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del periodo di validità dell’opzione

1. Nel caso in cui, prima del compimento del periodo di cui all’articolo 132, comma 1, venga meno la qualificazione soggettiva della società o ente controllante di cui all’articolo 130, comma 2, gli effetti dell’opzione esercitata cessano con effetto dal periodo d’imposta del soggetto controllante successivo a quello in corso al momento del venir meno della qualificazione soggettiva predetta. Il periodo precedente non si applica nel caso in cui il nuovo soggetto controllante abbia a sua volta esercitato l’opzione di cui alla presente sezione.
2. Nel caso di cui al comma 1, primo periodo, le perdite del soggetto controllante di cui all’articolo 84 non utilizzate alla fine del periodo d’imposta in cui viene meno la qualificazione soggettiva si riducono della misura corrispondente al rapporto tra le perdite prodotte nel periodo di validità dell’opzione da tutte le società non residenti il cui reddito ha concorso alla formazione dell’unico imponibile e quelle prodotte nello stesso periodo da tutte le società.

Articolo 138
Interruzione della tassazione di gruppo limitatamente ad una o più controllate non residenti

1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel caso in cui il requisito del controllo venga meno relativamente ad una o più società controllate non residenti prima del compimento del periodo di cui all’articolo 132, comma 1, il reddito complessivo viene aumentato in misura corrispondente agli interessi passivi dedotti per effetto della disposizione di cui all’articolo 97, comma 2, nei due esercizi precedenti rientranti nel periodo di cui allo stesso art. 132, comma 1.
2. Nel caso in cui il requisito del controllo venga meno relativamente ad oltre due terzi delle società controllate non residenti oltre a quello di cui al comma 1 si verifica l’effetto di cui all’articolo 137, comma 2, da calcolare proporzionalmente alle perdite fiscali delle società non residenti di cui al presente comma.

Articolo 139
Mancato rinnovo dell’opzione.

1. Nel caso di mancato rinnovo dell’opzione si verifica l’effetto di cui al comma 2 dell’articolo 137.

Articolo 140
Coordinamento con l’articolo 167

1. Le disposizioni di cui all’articolo 167 non si applicano relativamente alle controllate estere il cui imponibile viene incluso in quello della società controllante per effetto dell’opzione di cui all’articolo 130.

Articolo 141
Norma transitoria

1. Fino a concorrenza delle svalutazioni determinatesi per effetto di rettifiche di valore ed accantonamenti fiscalmente non riconosciuti, al netto delle rivalutazioni assoggettate a tassazione, dedotte nel periodo d’imposta antecedente a quello dal quale ha effetto l’opzione di cui all’articolo 130 e nei nove precedenti dalla società o ente controllante o da altra società controllata, anche se non esercente l’opzione di cui all’articolo 130, i valori fiscali degli elementi dell’attivo e del passivo della società partecipata se, rispettivamente, superiori o inferiori a quelli contabili sono ridotti o aumentati dell’importo delle predette svalutazioni in proporzione ai rapporti tra la differenza dei valori contabili e fiscali dell’attivo e del passivo e l’ammontare complessivo di tali differenze.

Articolo 142
Disposizioni applicative

1. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative della presente sezione.
2. Con il medesimo decreto di cui al comma 1, possono essere stabiliti i criteri per consentire la rivalutazione degli ammortamenti deducibili ai fini del calcolo del reddito delle società controllate residenti in Paesi ad alta inflazione. A questo scopo, saranno considerati tali quelli in cui la variazione dell’indice dei prezzi al consumo è superiore di almeno 10 punti percentuali allo stesso indice rilevato dall’ISTAT.
3. Fino all’emanazione dei criteri di cui al comma 2 non si applica quanto previsto dall’articolo 134, comma 1, lettera d).

Capo III – Enti non commerciali residenti

Articolo 143
Reddito complessivo

1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.
2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell’articolo 8.
3. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73:
a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
b) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi.

Articolo 144
Determinazione dei redditi

1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie. Per i redditi derivanti da immobili locati non relativi all’impresa si applicano comunque le disposizioni dell’articolo 90, comma 1, ultimo periodo (1).
2. Per l’attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere la contabilità separata.
3. Per l’individuazione dei beni relativi all’impresa si applicano le disposizioni di cui all’articolo 65, commi 1 e 3-bis.
4. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto.
5. Per gli enti religiosi di cui all’articolo 26 della legge 20 maggio 1985, n. 222, che esercitano attività commerciali, le spese relative all’opera prestata in via continuativa dai loro membri sono determinate con i criteri ivi previsti.
6. Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dall’obbligo di tenere la contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti.
(1) Periodo aggiunto dal comma 1 dell’articolo 7 del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo.

Articolo 145
Regime forfetario degli enti non commerciali

1. Fatto salvo quanto previsto, per le associazioni sportive dilettantistiche, dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e, per le associazioni senza scopo di lucro e per le pro-loco, dall’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1962, n. 66, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella seguente ed aggiungendo l’ammontare dei componenti positivi del reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90:
a) attività di prestazioni di servizi:
1) fino a lire 30.000.000, coefficiente 15 per cento;
2) da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente 25 per cento;
b) altre attività:
1) fino a lire 50.000.000, coefficiente 10 per cento;
2) da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente 15 per cento.
2. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.
3. Il regime forfetario previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora i limiti indicati al comma 1 non vengano superati.
4. L’opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell’opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata.
5. Gli enti che intraprendono l’esercizio d’impresa commerciale esercitano l’opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

Articolo 146
Oneri deducibili

1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa che concorre a formarlo, gli oneri indicati alle lettere a), f) e g) del comma 1 dell’articolo 10. In caso di rimborso degli oneri dedotti ai sensi del presente articolo, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta nel quale l’ente ha conseguito il rimborso.

Articolo 147
Detrazione d’imposta per oneri

1. Dall’imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell’articolo 15. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In caso di rimborso degli oneri per i quali si è fruito della detrazione l’imposta dovuta per il periodo nel quale l’ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 22 per cento dell’onere rimborsato.

Articolo 148
Enti di tipo associativo

1. Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell’esercizio delle seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
5. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
6. L’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 5 non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreché sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
7. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell’esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l’assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione.
8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
9. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 8 non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.

Articolo 149
Perdita della qualifica di ente non commerciale

1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta.
2. Ai fini della qualificazione commerciale dell’ente si tiene conto anche dei seguenti parametri:
a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività;
b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali;
c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative;
d) prevalenza delle componenti negative inerenti all’attività commerciale rispetto alle restanti spese.
3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d’imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l’obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell’ente nell’inventario di cui all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L’iscrizione nell’inventario deve essere effettuata entro sessanta giorni dall’inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili ed alle associazioni sportive dilettantistiche.

Articolo 150
Organizzazioni non lucrative di utilità sociale

1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.
2. I proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Capo IV – Società ed enti commerciali non residenti

Articolo 151
Reddito complessivo

1. Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali non residenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 73 è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva.
2. Si considerano prodotti nel territorio dello stato i redditi indicati nell’articolo 23, tenendo conto, per i redditi d’impresa, anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati o comunque relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso le stabili organizzazioni, nonché gli utili distribuiti da società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 e le plusvalenze indicate nell’articolo 23, comma 1, lettera f).

Articolo 152
Determinazione del reddito complessivo

1. Per le società e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, eccettuate le società semplici, il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II, sulla base di apposito conto economico relativo alla gestione delle stabili organizzazioni e alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia.
2. In mancanza di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati secondo le disposizioni del Titolo I, relative alle categorie nelle quali rientrano. Dal reddito complessivo si deducono gli oneri indicati alle lettere a) e g) del comma 1 dell’articolo 10. In caso di rimborso degli oneri dedotti ai sensi del presente articolo, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo d’imposta nel quale l’ente ha conseguito il rimborso.
3. Dall’imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell’articolo 15. In caso di rimborso di oneri per i quali si è fruito della detrazione l’imposta dovuta per il periodo nel quale la società o l’ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 19 per cento dell’onere rimborsato.
4. Per le società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2.

Capo V – Enti non commerciali non residenti

Articolo 153
Reddito complessivo

1. Il reddito complessivo delle società e degli enti non residenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 73 è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva.
2. Si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell’articolo 23, tenendo conto, per i redditi d’impresa, anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati o comunque relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso le stabili organizzazioni, nonché gli utili distribuiti da società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 e le plusvalenze indicate nell’articolo 23, comma 1, lettera f).

Articolo 154
Determinazione del reddito complessivo

1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali è determinato secondo le disposizioni del Titolo I. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa che concorre a formarlo, gli oneri indicati alle lettere a) e g) del comma 1 dell’articolo 10. Si applica la disposizione dell’articolo 146, comma 1, secondo periodo.
2. Dall’imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento (395) degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell’articolo 15. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione del reddito d’impresa che concorre a formare il reddito complessivo. Si applica la disposizione dell’articolo 147, comma 1, terzo periodo.
3. Agli enti non commerciali che hanno esercitato attività commerciali mediante stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, si applicano le disposizioni dei commi 2, 3 e 5 dell’articolo 144.
4. Sono altresì deducibili:
a) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di altri enti pubblici e di associazioni e di fondazioni private legalmente riconosciute, le quali, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività dirette alla tutela del patrimonio ambientale, effettuate per l’acquisto, la tutela e la valorizzazione delle cose indicate alle lettere a) e b), del comma 1, dell’articolo 139 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, facenti parte degli elenchi di cui al comma 1 dell’articolo 140 del medesimo decreto legislativo o assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all’articolo 149 dello stesso decreto legislativo e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, ivi comprese le erogazioni destinate all’organizzazione di mostre e di esposizioni, nonché allo svolgimento di studi e ricerche aventi ad oggetto le cose anzidette; il mutamento di destinazione degli immobili indicati alla lettera c) del presente comma, senza la preventiva autorizzazione del Ministro dell’ambiente, e della tutela del territorio, come pure il mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili vincolati, determina la indeducibilità delle spese dal reddito. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio dà immediata comunicazione ai competenti uffici tributari delle violazioni che comportano la decadenza dalle agevolazioni; dalla data di ricevimento della comunicazione iniziano a decorrere i termini per il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori;
b) le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate alla lettera a), effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti;
c) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione e alla protezione degli immobili vincolati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, facenti parte degli elenchi di cui al comma 1 dell’articolo 140 del medesimo decreto legislativo o assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all’articolo 149 dello stesso decreto legislativo, e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.
5. Il Ministro dell’ambiente e la tutela del territorio e la regione, secondo le rispettive attribuzioni e competenze, vigilano sull’impiego delle erogazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 del presente articolo effettuate a favore di soggetti privati, affinché siano perseguiti gli scopi per i quali le erogazioni stesse sono state accettate dai beneficiari e siano rispettati i termini per l’utilizzazione concordati con gli autori delle erogazioni. Detti termini possono essere prorogati una sola volta dall’autorità di vigilanza, per motivi non imputabili ai beneficiari.

Capo VI – Determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime

Articolo 155
Àmbito soggettivo ed oggettivo

1. Il reddito imponibile dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), derivante dall’utilizzo in traffico internazionale delle navi indicate nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, iscritte nel registro internazionale di cui al decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, e dagli stessi armate, nonché delle navi noleggiate il cui tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento di quello complessivamente utilizzato, è determinato ai sensi della presente sezione qualora il contribuente comunichi un’opzione in tal senso all’Agenzia delle entrate entro tre mesi dall’inizio del periodo d’imposta a partire dal quale intende fruirne con le modalità di cui al decreto previsto dall’articolo 161 (1). L’opzione è irrevocabile per dieci esercizi sociali e può essere rinnovata. L’opzione di cui al comma 1 deve essere esercitata relativamente a tutte le navi aventi i requisiti indicati nel medesimo comma 1, gestite dallo stesso gruppo di imprese alla cui composizione concorrono la società controllante e le controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
2. L’opzione consente la determinazione dell’imponibile secondo i criteri di cui all’articolo 156 delle navi di cui al comma 1 con un tonnellaggio superiore alle 100 tonnellate di stazza netta destinate all’attività di:
a) trasporto merci;
b) trasporto passeggeri;
c) soccorso, rimorchio, realizzazione e posa in opera di impianti ed altre attività di assistenza marittima da svolgersi in alto mare.
3. Sono altresì incluse nell’imponibile le attività direttamente connesse, strumentali e complementari a quelle indicate nelle lettere precedenti svolte dal medesimo soggetto e identificate dal decreto di cui all’articolo 161.
(1) Periodo così sostituito dal comma 19 dell’articolo 11-quaterdecies del Dl 203/2005 come convertito dalla legge 248/2005, con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo.

Articolo 156
Determinazione del reddito imponibile

1. Il reddito imponibile, determinato in via forfetaria ed unitaria sulla base del reddito giornaliero di ciascuna nave con i requisiti predetti, è calcolato sulla base degli importi in cifra fissa previsti per i seguenti scaglioni di tonnellaggio netto:
a) da 0 a 1.000 tonnellate di stazza netta: 0,0090 euro per tonnellata;
b) da 1.001 a 10.000 tonnellate di stazza netta: 0,0070 euro per tonnellata;
c) da 10.001 a 25.000 tonnellate di stazza netta: 0,0040 euro per tonnellata;
d) da 25.001 tonnellate di stazza netta: 0,0020 euro per tonnellata (1).

2. Agli effetti del comma precedente, non sono computati i giorni di mancata utilizzazione a causa di operazioni di manutenzione, riparazione ordinaria o straordinaria, ammodernamento e trasformazione della nave; sono altresì esclusi dal computo dei giorni di operatività quelli nei quali la nave è in disarmo temporaneo.
3. Dall’imponibile determinato secondo quanto previsto dai commi precedenti non è ammessa alcuna deduzione. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 84.
(1) Comma così sostituito dal comma 1 dell’articolo 10 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 10.

Articolo 157
Limiti all’esercizio dell’opzione ed alla sua efficacia

1. L’opzione di cui all’articolo 155 non può essere esercitata e se esercitata viene meno con effetto dal periodo d’imposta in corso nel caso in cui oltre la metà delle navi complessivamente utilizzate viene locato dal contribuente a scafo nudo per un periodo di tempo superiore, per ciascuna unità, al 50 per cento dei giorni di effettiva navigazione per ciascun esercizio sociale.
2. In ogni caso l’opzione di cui all’articolo 155 non rileva per la determinazione del reddito delle navi relativamente ai giorni in cui le stesse sono locate a scafo nudo, da determinarsi in modo analitico per quanto attiene ai costi specifici, e secondo la proporzione di cui all’articolo 159 per quanto attiene quelli non suscettibili di diretta imputazione.
3. L’opzione di cui all’articolo 155 viene meno, altresì, nel caso di mancato rispetto dell’obbligo di formazione dei cadetti secondo le modalità stabilite nel decreto di cui all’articolo 161.
4. L’ammontare determinato ai sensi dell’articolo 156 non comprende i ricavi e qualsiasi altro componente positivo non derivante in via esclusiva dall’esercizio delle navi di cui all’articolo 155 e delle attività di cui al comma 2 dello stesso articolo.
5. Qualora per qualsiasi motivo venga meno l’efficacia dell’opzione esercitata, il nuovo esercizio della stessa non può avvenire prima del decorso del decennio originariamente previsto.

Articolo 158
Plusvalenze e minusvalenze

1. Nel caso di cessione a titolo oneroso di una o più navi relativamente alle quali è efficace l’opzione di cui all’articolo 155, l’imponibile determinato ai sensi dell’articolo 156 comprende anche la plusvalenza o minusvalenza realizzata; tuttavia, qualora la cessione abbia oggetto un’unità già in proprietà dell’utilizzatore in un periodo d’imposta precedente a quello di prima applicazione del presente regime, all’imponibile determinato ai sensi dell’articolo 156 dovrà aggiungersi la differenza tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato dell’ultimo esercizio antecedente a quello di prima applicazione del regime di determinazione dell’imponibile previsto dalla presente sezione.
2. Nel caso in cui nel periodo d’imposta precedente quello di prima applicazione del regime di determinazione dell’imponibile previsto dalla presente sezione, al reddito prodotto dalla nave ceduta si rendeva applicabile l’agevolazione di cui all’articolo 145, comma 66, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la differenza di cui al comma precedente è aggiunta all’imponibile limitatamente al 20 per cento del suo ammontare.
3. Nel caso in cui le navi cedute costituiscano un complesso aziendale, per l’applicazione del comma 1 è necessario che tali navi rappresentino l’80 per cento del valore dell’azienda al lordo dei debiti finanziari.

Articolo 159
Obblighi contabili

1. Il reddito derivante dal contemporaneo svolgimento di attività imprenditoriali diverse da quelle indicate nell’articolo 155 non è ricompreso nell’imponibile determinato ai sensi dell’articolo 156 e deve essere determinato secondo le disposizioni contenute nella sezione I del capo II.
2. Agli effetti del comma 1 le spese e gli altri componenti negativi assumono rilievo se e nella misura in cui si riferiscano ad attività o beni da cui derivano ricavi ed altri proventi diversi da quelli ricompresi nella determinazione dell’imponibile, secondo i criteri di cui all’articolo 156; a tal fine è tenuta una contabilità separata secondo le modalità stabilite con il decreto di cui all’articolo 161.
3. Le spese e gli altri componenti negativi che si riferiscono indistintamente a componenti positivi di reddito ricompresi e non ricompresi nell’imponibile determinato ai sensi dell’articolo 156 sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare complessivo dei ricavi ed altri proventi non ricompresi nell’imponibile determinato ai sensi dell’articolo 156 e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Articolo 160
Ulteriori effetti dell’esercizio dell’opzione

1. I soggetti che esercitano l’opzione di cui all’articolo 155 non possono esercitare quella di cui alle sezioni II e III del titolo II né in qualità di controllanti, né in qualità di controllati.
2. Alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi fra le società il cui reddito è determinato anche parzialmente ai sensi dell’articolo 156 e le altre imprese, anche se residenti nel territorio dello Stato, si applica, ricorrendone le altre condizioni, la disciplina del valore normale prevista dall’articolo 110, comma 7. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 156 (1).
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 10 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 10.

Articolo 161
Disposizioni applicative

1. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative della presente sezione.
2. Per tutto quanto non disciplinato nella presente sezione si applicano le disposizioni di cui alla sezione I.

TITOLO III
Disposizioni comuni

Capo I – Disposizioni generali

Articolo 162
Stabile organizzazione

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 169, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, l’espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.
2. L’espressione “stabile organizzazione” comprende in particolare:
a) una sede di direzione;
b) una succursale;
c) un ufficio;
d) un’officina;
e) un laboratorio;
f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali.
3. Un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attività di supervisione ad esso connesse, è considerato “stabile organizzazione” soltanto se tale cantiere, progetto o attività abbia una durata superiore a tre mesi.
4. Una sede fissa di affari non è, comunque, considerata stabile organizzazione se:
a) viene utilizzata una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;
b) i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;
c) i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;
d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;
e) viene utilizzata ai soli fini di svolgere, per l’impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario;
f) viene utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attività menzionate nelle lettere da a) ad e), purché l’attività della sede fissa nel suo insieme, quale risulta da tale combinazione, abbia carattere preparatorio o ausiliario.
5. Oltre a quanto previsto dal comma 4 non costituisce di per sé stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici e relativi impianti ausiliari che consentano la raccolta e la trasmissione di dati ed informazioni finalizzati alla vendita di beni e servizi.
6. Nonostante le disposizioni dei commi precedenti e salvo quanto previsto dal comma 7, costituisce una stabile organizzazione dell’impresa di cui al comma 1 il soggetto, residente o non residente, che nel territorio dello Stato abitualmente conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni.
7. Non costituisce stabile organizzazione dell’impresa non residente il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale, o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’àmbito della loro ordinaria attività.
8. Nonostante quanto previsto dal comma precedente, non costituisce stabile organizzazione dell’impresa il solo fatto che la stessa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, o di un mediatore marittimo di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 478, che abbia i poteri per la gestione commerciale o operativa delle navi dell’impresa, anche in via continuativa.
9. Il fatto che un’impresa non residente con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato controlli un’impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o no attività d’impresa non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell’altra.

Articolo 163
Divieto della doppia imposizione

1. La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.

Articolo 164
Limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni

1. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della determinazione dei relativi redditi sono deducibili secondo i seguenti criteri:
a) per l’intero ammontare relativamente:
1) agli aeromobili da turismo, alle navi e imbarcazioni da diporto, alle autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a) e m) del comma 1 dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai ciclomotori e motocicli destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa;
2) ai veicoli adibiti ad uso pubblico o dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta;
b) nella misura del 50 per cento relativamente alle autovetture ed autocaravan, di cui alle citate lettere dell’articolo 54 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1). Tale percentuale è elevata all’80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella suddetta misura del 50 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l’attività è svolta da società semplici e da associazioni di cui all’articolo 5, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. Non si tiene conto: della parte del costo di acquisizione che eccede lire 35 milioni per le autovetture e gli autocaravan, lire 8 milioni per i motocicli, lire 4 milioni per i ciclomotori; dell’ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono utilizzati in locazione finanziaria; dell’ammontare dei costi di locazione e di noleggio che eccede lire 7 milioni per le autovetture e gli autocaravan, lire 1,5 milioni per i motocicli, lire ottocentomila per i ciclomotori. Nel caso di esercizio delle predette attività svolte da società semplici e associazioni di cui al citato articolo 5, i suddetti limiti sono riferiti a ciascun socio o associato. I limiti predetti, che con riferimento al valore dei contratti di locazione anche finanziaria o di noleggio vanno ragguagliati ad anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati verificatesi nell’anno precedente, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Il predetto limite di 35 milioni di lire per le autovetture è elevato a 50 milioni di lire per gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio.
2. Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.
3. Ai fini della applicazione del comma 7 dell’articolo 102, il costo dei beni di cui al comma 1, lettera b), si assume nei limiti rilevanti ai fini della deduzione delle relative quote di ammortamento.

Capo II – Disposizioni relative ai redditi prodotti all’estero ed ai rapporti internazionali

Articolo 165
Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
2. I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.
3. Se concorrono redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato (1).
4. La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7.
5. Per i redditi d’impresa prodotti all’estero mediante stabile organizzazione o da società controllate di cui alla sezione III del capo II del Titolo II, la detrazione può essere calcolata dall’imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo. L’esercizio della facoltà di cui al periodo precedente è condizionato all’indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali ancora non è avvenuto il pagamento a titolo definitivo.
6. Nel caso di reddito d’impresa prodotto, da imprese residenti, nello stesso Paese estero, l’imposta estera ivi pagata a titolo definitivo su tale reddito eccedente la quota d’imposta italiana relativa al medesimo reddito estero, costituisce un credito d’imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d’imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all’ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l’eccedenza dell’imposta estera può essere riportata a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d’imposta nel caso in cui si produca l’eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma. Le disposizioni di cui al presente comma relative al riporto in avanti e all’indietro dell’eccedenza si applicano anche ai redditi d’impresa prodotti all’estero dalle singole società partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso paese, salvo quanto previsto dall’articolo 136, comma 6 (2).
7. Se l’imposta dovuta in Italia per il periodo d’imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare l’imponibile è stata già liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell’eventuale maggior reddito estero, e la detrazione si opera dall’imposta dovuta per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale è stata richiesta. Se è già decorso il termine per l’accertamento, la detrazione è limitata alla quota dell’imposta estera proporzionale all’ammontare del reddito prodotto all’estero acquisito a tassazione in Italia.
8. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.
9. Per le imposte pagate all’estero dalle società, associazioni e imprese di cui all’articolo 5 e dalle società che hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 115 e 116 la detrazione spetta ai singoli soci nella proporzione ivi stabilita (3).
10. Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.
(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.
(2) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.
(3) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.

Articolo 166
Trasferimento all’estero della residenza (1).

1. Il trasferimento all’estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero. Per le imprese individuali e le società di persone si applica l’articolo 17, comma 1, lettere g) e l) (2).
2. I fondi in sospensione d’imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell’ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della predetta stabile organizzazione (3).
(1) Rubrica così sostituita dal comma 2 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.
(2) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.
(3) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 11 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 3 dello stesso articolo 11.

Articolo 167
Disposizioni in materia di imprese estere controllate

1. Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Tali disposizioni si applicano anche per le partecipazioni in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle persone fisiche residenti e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c).
3. Ai fini della determinazione del limite del controllo di cui al comma 1, si applica l’articolo 2359 del codice civile, in materia di società controllate e società collegate.
4. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreti del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti.
5. Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra, alternativamente, che:
a) la società o altro ente non residente svolga un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato o nel territorio nel quale ha sede;
b) dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al comma 4. Per i fini di cui al presente comma, il contribuente deve interpellare preventivamente l’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto dei diritti del contribuente.
6. I redditi del soggetto non residente, imputati ai sensi del comma 1, sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore al 27 per cento. I redditi sono determinati in base alle disposizioni del titolo I, capo VI, nonché degli articoli, 84, 111, 112; non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 86, comma 4, e 102, comma 3. Dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 165, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo.
7. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti non residenti di cui al comma 1 non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti fino all’ammontare del reddito assoggettato a tassazione, ai sensi del medesimo comma 1, anche negli esercizi precedenti. Le imposte pagate all’estero, sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo del presente comma, sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 165, fino a concorrenza delle imposte applicate ai sensi del comma 6, diminuite degli importi ammessi in detrazione per effetto del terzo periodo del predetto comma.
8. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le disposizioni attuative del presente articolo.

Articolo 168
Disposizioni in materia di imprese estere collegate

1. Salvo quanto diversamente disposto dal presente articolo, la norma di cui all’articolo 167 si applica anche nel caso in cui il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20 per cento agli utili di un’impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato; tale percentuale è ridotta al 10 per cento nel caso di partecipazione agli utili di società quotate in borsa. La norma di cui al presente comma non si applica per le partecipazioni in soggetti non residenti negli Stati o territori predetti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati a regimi fiscali privilegiati.
2. I redditi del soggetto non residente oggetto di imputazione sono determinati per un importo corrispondente al maggiore fra:
a) l’utile prima delle imposte risultante dal bilancio redatto dalla partecipata estera anche in assenza di un obbligo di legge;
b) un reddito induttivamente determinato sulla base dei coefficienti di rendimento riferiti alle categorie di beni che compongono l’attivo patrimoniale di cui al successivo comma 3.
3. Per la determinazione forfettaria di cui al comma 2 si applicano i seguenti coefficienti:
a) l’1 per cento sul valore dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;
b) il 4 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria;
c) il 15 per cento sul valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.
4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le disposizioni attuative del presente articolo.

Articolo 169
Accordi internazionali

1. Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione.

Capo III – Operazioni straordinarie

Articolo 170
Trasformazione della società

1. La trasformazione della società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
2. In caso di trasformazione di una società soggetta all’imposta di cui al Titolo II in società non soggetta a tale imposta, o viceversa, il reddito del periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data in cui ha effetto la trasformazione è determinato secondo le disposizioni applicabili prima della trasformazione in base alle risultanze di apposito conto economico.
3. Nel caso di trasformazione di una società non soggetta all’imposta di cui al Titolo II in società soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione con utili imputati ai soci a norma dell’articolo 5, se dopo la trasformazione siano state iscritte in bilancio con indicazione della loro origine, non concorrono a formare il reddito dei soci in caso di distribuzione e l’imputazione di esse a capitale non comporta l’applicazione del comma 6 dell’articolo 47.
4. Nel caso di trasformazione di una società soggetta all’imposta di cui al titolo II in società non soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione, escluse quelle di cui al comma 5 dell’articolo 47, sono imputate ai soci, a norma dell’articolo 5:
a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;
b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione.
5. Le riserve di cui al comma 4 sono assoggettate ad imposta secondo il regime applicabile alla distribuzione delle riserve delle società di cui all’articolo 73.

Articolo 171
Trasformazione eterogenea

1. In caso di trasformazione, effettuata ai sensi dell’articolo 2500-septies del codice civile, di una società soggetta all’imposta di cui al Titolo II in ente non commerciale, i beni della società si considerano realizzati in base al valore normale, salvo che non siano confluiti nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso. Le riserve costituite prima della trasformazione, escluse quelle di cui al comma 5 dell’articolo 47, sono assoggettate a tassazione nei confronti dei soci o associati:
a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio, se dopo la trasformazione sono iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;
b) nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione, se non iscritte in bilancio ovvero iscritte senza la detta indicazione. In caso di trasformazione in comunione di azienda si applicano le disposizioni dell’articolo 67, comma 1, lettera h). Si applicano le disposizioni del comma 5 dell’articolo 170.
2. La trasformazione, effettuata ai sensi dell’articolo 2500-octies del codice civile, di un ente non commerciale in società soggetta all’imposta di cui al Titolo II si considera conferimento limitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso.

Articolo 172
Fusione di società

1. La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
2. Nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante non si tiene conto dell’avanzo o disavanzo iscritto in bilancio per effetto del rapporto di cambio delle azioni o quote o dell’annullamento delle azioni o quote di alcuna delle società fuse possedute da altre. I maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’eventuale imputazione del disavanzo derivante dall’annullamento o dal concambio di una partecipazione, con riferimento ad elementi patrimoniali della società incorporata o fusa, non sono imponibili nei confronti dell’incorporante o della società risultante dalla fusione. Tuttavia i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio ed i valori fiscalmente riconosciuti.
3. Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società incorporata o fusa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo 47, comma 7 e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87 (1).
4. Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7.
5. Le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell’ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l’eventuale avanzo da fusione. Questa disposizione non si applica per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione le quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell’avanzo o di distribuzione del capitale ai soci; quelle che anteriormente alla fusione sono state imputate al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferite nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza.
6. All’aumento di capitale, all’avanzo da annullamento o da concambio che eccedono la ricostituzione e l’attribuzione delle riserve di cui al comma 5 si applica il regime fiscale del capitale e delle riserve della società incorporata o fusa, diverse da quelle già attribuite o ricostituite ai sensi del comma 5 che hanno proporzionalmente concorso alla sua formazione. Si considerano non concorrenti alla formazione dell’avanzo da annullamento il capitale e le riserve di capitale fino a concorrenza del valore della partecipazione annullata (2).
7. Le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Tra i predetti versamenti non si comprendono i contributi erogati a norma di legge dallo Stato a da altri enti pubblici. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell’ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell’atto di fusione.
8. Il reddito delle società fuse o incorporate relativo al periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data in cui ha effetto la fusione è determinato, secondo le disposizioni applicabili in relazione al tipo di società, in base alle risultanze di apposito conto economico.
9. L’atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante.
10. Nelle operazioni di fusione, gli obblighi di versamento, inclusi quelli relativi agli acconti d’imposta ed alle ritenute operate su redditi altrui, dei soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime, sono adempiuti dagli stessi soggetti fino alla data di efficacia della fusione ai sensi dell’articolo 2504-bis, comma 2, del codice civile; successivamente a tale data, i predetti obblighi si intendono a tutti gli effetti trasferiti alla società incorporante o comunque risultante dalla fusione.
(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.
(2) Comma così sostituito dal comma 1 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Articolo 173
Scissione di società

1. La scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento.
2. Nella determinazione del reddito delle società partecipanti alla scissione non si tiene conto dell’avanzo o del disavanzo conseguenti al rapporto di cambio delle azioni o quote ovvero all’annullamento di azioni o quote a norma dell’articolo 2506-ter del codice civile. In quest’ultima ipotesi i maggiori valori iscritti per effetto dell’eventuale imputazione del disavanzo riferibile all’annullamento o al concambio di una partecipazione, con riferimento ad elementi patrimoniali della società scissa, non sono imponibili nei confronti della beneficiaria. Tuttavia i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi, i dati esposti in bilancio ed i valori fiscalmente riconosciuti.
3. Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo 47, comma 7, e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87.
4. Dalla data in cui la scissione ha effetto, a norma del comma 11, le posizioni soggettive della società scissa, ivi compresa quella indicata nell’articolo 86, comma 4, e i relativi obblighi strumentali sono attribuiti alle beneficiarie e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa, in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel qual caso seguono tali elementi presso i rispettivi titolari.
5. Gli obblighi di versamento degli acconti relativi sia alle imposte proprie sia alle ritenute sui redditi altrui, restano in capo alla società scissa, in caso di scissione parziale, ovvero si trasferiscono alle società beneficiarie in caso di scissione totale, in relazione alle quote di patrimonio netto imputabile proporzionalmente a ciascuna di esse.
6. Il valore fiscalmente riconosciuto dei fondi di accantonamento della società scissa si considera già dedotto dalle beneficiarie, oltre che, in caso di scissione parziale, dalla suddetta società, per importi proporzionali alle quote in cui risultano attribuiti gli elementi del patrimonio ai quali, specificamente o per insiemi, hanno riguardo le norme tributarie che disciplinano il valore stesso.
7. Se gli effetti della scissione sono fatti retroagire a norma del comma 11, per i beni di cui agli articoli 92 e 94 le disposizioni del precedente comma 4 trovano applicazione sommando proporzionalmente le voci individuate per periodo di formazione in capo alla società scissa all’inizio del periodo d’imposta alle corrispondenti voci, ove esistano, all’inizio del periodo medesimo presso le società beneficiarie.
8. In caso di scissione parziale e in caso di scissione non retroattiva in società preesistente i costi fiscalmente riconosciuti si assumono nella misura risultante alla data in cui ha effetto la scissione. In particolare:
a) i beni di cui al comma 7 ricevuti da ciascuna beneficiaria si presumono, in proporzione alle quantità rispettivamente ricevute, provenienti proporzionalmente dalle voci delle esistenze iniziali, distinte per esercizio di formazione, della società scissa e dalla eventuale eccedenza formatasi nel periodo d’imposta fino alla data in cui ha effetto la scissione;
b) le quote di ammortamento dei beni materiali e immateriali nonché le spese di cui all’articolo 102, comma 6, relative ai beni trasferiti vanno ragguagliate alla durata del possesso dei beni medesimi da parte della società scissa e delle società beneficiarie; detto criterio è altresì applicabile alle spese relative a più esercizi e agli accantonamenti.
9. Le riserve in sospensione d’imposta iscritte nell’ultimo bilancio della società scissa debbono essere ricostituite dalle beneficiarie secondo le quote proporzionali indicate al comma 4. In caso di scissione parziale, le riserve della società scissa si riducono in corrispondenza. Se la sospensione d’imposta dipende da eventi che riguardano specifici elementi patrimoniali della società scissa, le riserve debbono essere ricostituite dalle beneficiarie che acquisiscono tali elementi. Nei riguardi della beneficiaria ai fini della ricostituzione delle riserve in sospensione d’imposta e delle altre riserve si applicano, per le rispettive quote, le disposizioni dettate per le fusioni dai commi 5 e 6 dell’articolo 172 per la società incorporante o risultante dalla fusione.
10. Alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione si applicano le disposizioni del comma 7 dell’articolo 172, riferendosi alla società scissa le disposizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle beneficiarie quelle riguardanti la società risultante dalla fusione o incorporante ed avendo riguardo all’ammontare del patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dal progetto di scissione di cui all’articolo 2506-bis del codice civile, ovvero dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2506-ter del codice civile.
11. Ai fini delle imposte sui redditi, la decorrenza degli effetti della scissione è regolata secondo le disposizioni del comma 1 dell’articolo 2506-quater del codice civile, ma la retrodatazione degli effetti, ai sensi dell’articolo 2501-ter, numeri 5) e 6), dello stesso codice, opera limitatamente ai casi di scissione totale ed a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell’ultimo periodo di imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a tale periodo.
12. Gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione.
13. I controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata, ferma restando la competenza dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate della società scissa. Se la designazione è omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell’atto di scissione. Le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Le società coobbligate hanno facoltà di partecipare ai suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l’Amministrazione.
14. Ai fini dei suddetti procedimenti la società scissa o quella designata debbono indicare, a richiesta degli organi dell’Amministrazione finanziaria, i soggetti e i luoghi presso i quali sono conservate, qualora non le conservi presso la propria sede legale, le scritture contabili e la documentazione amministrativa e contabile relative alla gestione della società scissa, con riferimento a ciascuna delle parti del suo patrimonio trasferite o rimaste. In caso di conservazione presso terzi estranei alla operazione deve essere inoltre esibita l’attestazione di cui all’articolo 52, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Se la società scissa o quella designata non adempiono a tali obblighi o i soggetti da essa indicati si oppongono all’accesso o non esibiscono in tutto o in parte quanto ad essi richiesto, si applicano le disposizioni del comma 5 del suddetto articolo.
15. Nei confronti della società soggetta all’imposta sulle società beneficiaria della scissione di una società non soggetta a tale imposta e nei confronti della società del secondo tipo beneficiaria della scissione di una società del primo tipo si applicano anche, in quanto compatibili, i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 170, considerando a tal fine la società scissa come trasformata per la quota di patrimonio netto trasferita alla beneficiaria (1).
(1) Comma così modificato dal comma 2 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Articolo 174
Applicazione analogica

1. Le disposizioni degli articoli 172 e 173 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società.

Articolo 175
Conferimenti di aziende o di partecipazioni di controllo o di collegamento

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 86, fatti salvi i casi di esenzione di cui all’articolo 87, per i conferimenti di aziende e di partecipazioni di controllo o di collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, contenente disposizioni in materia di società controllate e collegate, effettuati tra soggetti residenti in Italia nell’esercizio di imprese commerciali, si considera valore di realizzo quello attribuito alle partecipazioni, ricevute in cambio dell’oggetto conferito, nelle scritture contabili del soggetto conferente ovvero, se superiore, quello attribuito all’azienda o alle partecipazioni conferite nelle scritture contabili del soggetto conferitario.
2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano ed il valore di realizzo è determinato ai sensi dell’articolo 9 nel caso di conferimento di partecipazioni di controllo o di collegamento prive dei requisiti per l’esenzione di cui all’articolo 87 se le partecipazioni ricevute non sono anch’esse prive dei requisiti predetti, senza considerare quello di cui alla lettera a) del comma 1 del medesimo articolo 87.
3. Per i conferimenti di aziende situate nel territorio dello Stato, le disposizioni del comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente nel territorio stesso.
4. Qualora il conferimento abbia ad oggetto l’unica azienda dell’imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento, è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c) e 68 assumendo come costo delle partecipazioni il valore attribuito alle stesse ai sensi del presente articolo.

Articolo 176
Regimi fiscali del soggetto conferente e del soggetto conferitario

1. I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze a condizione che il soggetto conferitario rientri fra quelli di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b). Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
2. In luogo dell’applicazione delle disposizioni del comma 1, i soggetti ivi indicati possono optare, nell’atto di conferimento, per l’applicazione delle disposizioni del presente testo unico.
3. Non rileva ai fini dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, il conferimento dell’azienda secondo il regime di continuità dei valori fiscali riconosciuti di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell’esenzione totale di cui all’articolo 87, o di quella parziale di cui agli articoli 58 e 68, comma 3 (1).
4. Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all’articolo 178, in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio.
5. L’eccedenza in sospensione di imposta, ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b), relativa all’azienda conferita non concorre alla formazione del reddito del soggetto conferente e si trasferisce al soggetto conferitario a condizione che questi istituisca il vincolo di sospensione d’imposta previsto dalla norma predetta.
6. Quando il conferimento abbia ad oggetto l’unica azienda dell’imprenditore individuale si applica l’ultimo comma dell’articolo 175.
(1) Comma così modificato dal comma 3 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Articolo 177
Scambi di partecipazioni

1. La permuta, mediante la quale uno dei soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), acquista o integra una partecipazione di controllo ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1), del codice civile, contenente disposizioni in materia di società controllate e collegate, in altro soggetto indicato nelle medesime lettere a) e b), attribuendo ai soci di quest’ultimo proprie azioni, non dà luogo a componenti positivi o negativi del reddito imponibile a condizione che il costo delle azioni o quote date in permuta sia attribuito alle azioni o quote ricevute in cambio. L’eventuale conguaglio in denaro concorre a formare il reddito del percipiente ferma rimanendo, ricorrendone le condizioni, l’esenzione totale di cui all’articolo 87 e quella parziale di cui agli articoli 58 e 68, comma 3 (1).
2. Le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento (2).
3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 175, comma 2.
(1) Comma così modificato dal comma 4 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.
(2) Comma così modificato dal comma 4 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Capo IV – Operazioni straordinarie fra soggetti residenti in Stati membri diversi dell’Unione europea

Articolo 178
Fusioni, scissioni conferimenti di attivo scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi

1. Le disposizioni del presente capo si applicano:
a) alle fusioni tra società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative e di mutua assicurazione, enti pubblici e privati aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, e soggetti residenti in altri Stati membri della Comunità economica europea, purché non si considerino, per convenzione in materia di doppia imposizione con Stati terzi, residenti fuori della Comunità, che appartengano alle categorie indicate nella tabella A allegata al presente testo unico, da considerare automaticamente aggiornata in conformità con eventuali modifiche dell’allegato alla direttiva 90/434/CEE del 23 luglio 1990 del Consiglio delle Comunità europee, e siano sottoposti a una delle imposte indicate nella tabella B allegata al presente testo unico o ad altra che in futuro la sostituisca, senza possibilità di opzione, sempre che nel concambio l’eventuale conguaglio in danaro ai partecipanti dei soggetti fusi o incorporati non superi il 10% del valore nominale della partecipazione ricevuta;
b) alle scissioni attuate mediante trasferimento dell’intero patrimonio di uno dei soggetti indicati nella lettera a) a due o più soggetti indicati nella stessa lettera, preesistenti o di nuova costituzione, alcuno dei quali sia residente in uno Stato della Comunità diverso da quello del primo, e limitatamente alla parte corrispondente dell’operazione, con assegnazione ai partecipanti delle azioni o quote di ciascuno dei soggetti beneficiari in misura proporzionale alle rispettive partecipazioni nel soggetto scisso, sempre che quest’ultimo o almeno uno dei beneficiari siano residenti nel territorio dello Stato, che la quota di patrimonio trasferita a ciascun beneficiario sia costituita da aziende o complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa del conferente e che nel concambio l’eventuale conguaglio in danaro ai partecipanti della società scissa non superi il 10 per cento del valore nominale della partecipazione ricevuta;
c) ai conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa da uno ad altro dei soggetti indicati nella lettera a), residenti in Stati diversi della Comunità, sempre che uno dei due sia residente nel territorio dello Stato;
d) alle operazioni indicate nelle lettere precedenti tra soggetti di cui alla lettera a) non residenti nel territorio dello Stato, con riguardo alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato oggetto delle operazioni stesse;
e) alle permute e ai conferimenti di azioni o quote, mediante i quali uno dei soggetti indicati nella lettera a) acquisti o integri una partecipazione di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1), del codice civile, in uno dei soggetti indicati nella stessa lettera, residente in uno Stato della Comunità diverso da quello del primo, attribuendo ai partecipanti proprie azioni o quote in cambio di quelle ricevute in permuta o conferimento ed un eventuale conguaglio in danaro non superiore al 10% del valore nominale delle suddette azioni o quote, sempre che alcuno dei partecipanti che effettuano lo scambio sia residente nel territorio dello Stato ovvero la partecipazione scambiata sia relativa ad una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto indicato nella lettera a).

Articolo 179
Regime di neutralità fiscale

1. Alle operazioni indicate nelle lettere a) e b) dell’articolo 178 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 172 e 173.
2. Ai conferimenti di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 178 si applica l’articolo 176. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei confronti del beneficiario non residente con riferimento alla stabile organizzazione nello Stato italiano, limitatamente agli elementi patrimoniali del conferente residente o, nell’ipotesi di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 178, non residente, in essa effettivamente confluiti.
3. Nelle operazioni indicate al comma 1, le plusvalenze della stabile organizzazione del conferente residente sono imponibili a titolo di realizzo al valore normale, con deduzione dalla relativa imposta, fino al suo totale assorbimento, dell’ammontare della imposta che lo Stato, dove è situata la stabile organizzazione, avrebbe effettivamente prelevato in assenza delle norme della direttiva 90/434/CEE del 23 luglio 1990. Il beneficiario non residente subentra al conferente residente per tutti i diritti e gli obblighi tributari.
4. Le operazioni di fusione, scissione e scambio di partecipazioni mediante permuta o conferimento, indicate nell’articolo 178, non comportano realizzo di plusvalenze né di minusvalenze sulle azioni o quote date in cambio, il cui valore fiscale viene assunto dalle azioni o quote ricevute, ripartendosi tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuiti ai fini della determinazione del rapporto di cambio. Gli eventuali conguagli concorrono a formare il reddito dei soci della società incorporata o fusa o dei soci della società scissa, fatta salva l’applicazione dell’articolo 47, comma 7, e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87, e dei percipienti nelle operazioni di scambio di partecipazioni mediante permuta o conferimento, ferma rimanendo, ricorrendone le condizioni, l’esenzione totale di cui all’articolo 87 e quella parziale di cui agli articoli 58 e 68, comma 3 (1).
5. Se è stata conferita da un soggetto una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, le relative plusvalenze sono imponibili nei confronti del conferente residente a titolo di realizzo al valore normale, con deduzione dalla relativa imposta, fino al suo totale assorbimento, dell’ammontare dell’imposta che lo Stato dove è situata la stabile organizzazione avrebbe prelevato in assenza delle norme della direttiva 90/434/CEE del 23 luglio 1990. In tal caso la partecipazione ricevuta è valutata fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi degli elementi patrimoniali conferiti, aumentato, agli effetti della disposizione di cui al precedente comma, di un importo pari all’imponibile corrispondente all’imposta dovuta a saldo.
6. Si considerano realizzati al valore normale i componenti dell’azienda o del complesso aziendale che abbiano formato oggetto delle operazioni indicate alle lettere da a) a d) del comma 1 dell’articolo 178, non confluiti in seguito a tali operazioni in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente alle predette operazioni i componenti conferiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti.
(1) Comma così modificato dal comma 5 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Articolo 180
Riserve in sospensione d’imposta

1. Nelle fusioni, nelle scissioni e nei conferimenti di cui all’articolo 178 i fondi in sospensione di imposta iscritti nell’ultimo bilancio del conferente residente concorrono a formare il reddito della stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente beneficiario nella misura in cui non siano stati ricostituiti nelle scritture contabili della stabile organizzazione.

Articolo 181
Perdite fiscali

1. Nelle operazioni di cui alle lettere a) e b), del comma 1, dell’articolo 178, le perdite fiscali sono ammesse in deduzione da parte del soggetto non residente alle condizioni e nei limiti di cui all’articolo 172, comma 7, proporzionalmente alla differenza tra gli elementi dell’attivo e del passivo effettivamente connessi alla stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato risultante dall’operazione e nei limiti di detta differenza (1).
(1) Comma così modificato dal comma 6 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Capo V – Liquidazione volontaria e procedure concorsuali

Articolo 182
Liquidazione ordinaria

1. In caso di liquidazione dell’impresa o della società il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e l’inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell’articolo 66 o dell’articolo 3, comma 177, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, se ne ricorrono i presupposti; il conto economico deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto dall’articolo 2277 del codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
2. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all’articolo 66. Se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, ovvero a norma dell’articolo 66 se ne ricorrono i presupposti, salvo conguaglio in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi così determinati, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, si considerano definitivi e ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci per i periodi di imposta di competenza. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8.
3. Per le società soggette all’imposta di cui al titolo II, il reddito relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, liquidando la relativa imposta salvo conguaglio in base al bilancio finale; le perdite di esercizio anteriori all’inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell’articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. Se la liquidazione si protrae per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi e ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche i redditi compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza.

Articolo 183
Fallimento e liquidazione coatta

1. Nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la dichiarazione di fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione è determinato in base al bilancio redatto dal curatore o dal commissario liquidatore. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione.
2. Il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti. Il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento concorsuale è determinato mediante il confronto secondo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi, tra le attività e le passività risultanti dal bilancio di cui al comma 1, redatto e allegato alla dichiarazione iniziale del curatore o dal commissario liquidatore. Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle passività è pari o superiore a quello delle attività (1).
3. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice la differenza di cui al comma 2 è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell’imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione ed è aumentata dei debiti personali dell’imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche il reddito che ne risulta, al netto dell’imposta locale sui redditi, è imputato all’imprenditore, ai familiari partecipanti all’impresa o ai soci nel periodo di imposta in cui si è chiuso il procedimento; se questo si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8. Per i redditi relativi ai beni e diritti non compresi nel fallimento o nella liquidazione a norma dell’art. 46 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, restano fermi, in ciascun periodo di imposta, gli obblighi tributari dell’imprenditore o dei soci.
4. L’imposta locale sui redditi afferente il reddito di impresa relativo al periodo di durata del procedimento è commisurata alla differenza di cui ai commi 2 e 3 ed è prelevata sulla stessa. Per i redditi di ciascuno degli immobili di cui all’art. 90, comma 1, e di quelli personali dell’imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione l’imposta è dovuta per ciascun anno di possesso rientrante nel periodo di durata del procedimento ed è prelevata, nel complessivo ammontare, sul prezzo ricavato dalla vendita.
(1) Comma così modificato dal comma 7 dell’articolo 12 del Dlgs 247/2005, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo 12.

Articolo 184
Applicazione analogica

1. Le disposizioni degli articoli 182 e 183 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di liquidazione e fallimento di enti diversi dalle società.

TITOLO IV
Disposizioni varie, transitorie e finali.

Articolo 185
Terreni e fabbricati soggetti a regimi vincolistici

1. Per i terreni dati in affitto per uso agricolo, se per effetto di regimi legali di determinazione del canone questo risulta inferiore per oltre un quinto alla rendita catastale, il reddito dominicale è determinato in misura pari a quella del canone di affitto.
2. In deroga all’articolo 37, per i fabbricati dati in locazione in regime legale di determinazione del canone, il reddito imponibile è determinato in misura pari al canone di locazione ridotto del 15 per cento. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento (1).
(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 13 del Dlgs 247/2005 con la decorrenza indicata nel comma 2 dello stesso articolo 13.

Articolo 186
Società civili

1. Ai fini delle imposte sui redditi le società civili esistenti alla data di entrata in vigore del codice civile, di cui all’articolo 204, commi primo e secondo, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali. Alle società civili costituite in forma di società per azioni, di cui al terzo comma del predetto articolo 204, si applicano le disposizioni del presente testo unico relative a questo tipo di società.

Articolo 187
Eredità giacente

1. Se la giacenza dell’eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si è aperta la successione, il reddito dei cespiti ereditari è determinato in via provvisoria secondo le disposizioni del titolo I, sezione I, se il chiamato all’eredità è persona fisica, o non è noto, e secondo quelle del titolo II, capo III, se il chiamato è un soggetto diverso. Dopo l’accettazione dell’eredità il reddito di tali cespiti concorre a formare il reddito complessivo dell’erede per ciascun periodo di imposta, compreso quello in cui si è aperta la successione, e si procede alla liquidazione definitiva delle relative imposte. I redditi di cui all’articolo 7, comma 3, se il chiamato all’eredità è persona fisica o non è noto, sono in via provvisoria tassati separatamente con l’aliquota stabilita dall’articolo 13 per il primo scaglione di reddito, salvo conguaglio dopo l’accettazione dell’eredità.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei casi di delazione dell’eredità sotto condizione sospensiva o in favore di un nascituro non ancora concepito.

Articolo 188
Campione d’Italia

1. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi sono computati in euro, in deroga alle disposizioni dell’articolo 9, sulla base di un tasso convenzionale di cambio stabilito ogni tre anni con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto anche della variazione dei prezzi al consumo nelle zone limitrofe intervenuta nel triennio.
2. I soggetti di cui al presente articolo assolvono il loro debito d’imposta in euro.
3. Ai fini del presente articolo, si considerano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d’Italia, sono iscritte all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica.

Articolo 189
Riferimenti legislativi ad imposte abolite

1. Il riferimento contenuto nelle norme vigenti a redditi, o a determinati ammontari di reddito, assoggettati ad imposte abolite dal 1° gennaio 1974 va inteso come fatto agli stessi redditi nell’ammontare netto determinato ai fini delle singole categorie di reddito previste dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
2. Se il riferimento è fatto alla non assoggettabilità all’imposta complementare progressiva sul reddito complessivo, la condizione si considera soddisfatta quando il reddito complessivo netto determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera lire 960 mila. Quando alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50, lettere a) e b), il predetto ammontare viene elevato di lire 360 mila per ogni reddito di lavoro dipendente considerato.
3. Se il riferimento è fatto ad un reddito complessivo netto agli effetti dell’imposta complementare progressiva sul reddito complessivo non superiore ad un determinato ammontare indicato nella legge, la condizione si considera soddisfatta quando il reddito complessivo netto determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera l’ammontare indicato nella legge stessa, aumentato come previsto nel comma 2 quando alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente.
4. Se il riferimento è fatto ad un ammontare dell’imponibile dell’imposta complementare progressiva sul reddito complessivo iscritto a ruolo, la condizione si considera soddisfatta se il reddito complessivo, determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera la somma indicata dalla legge, aumentata di lire 240 mila per il contribuente, di lire 100 mila per ciascun componente la famiglia che risulti a carico del contribuente al 31 dicembre dell’anno per il quale l’imposta è dovuta e di lire 360 mila per ogni reddito di lavoro dipendente.
5. Se il riferimento è fatto alla quota esente dall’imposta complementare progressiva sul reddito o ad un suo multiplo, tale ammontare è determinato in lire 240 mila o nel rispettivo multiplo.
6. Se il riferimento è fatto ad una quota o ad un determinato ammontare del reddito imponibile di una o più categorie dell’imposta di ricchezza mobile, il riferimento stesso va fatto per le categorie B e C/1 ai redditi netti di lavoro autonomo e di impresa determinati ai sensi del titolo I, capi V e VI, diminuiti di lire 360 mila, e per la categoria C/2 ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati determinati ai sensi dello stesso titolo I, capo IV, diminuiti di lire 840 mila. Nelle ipotesi di cui all’articolo 5 il riferimento va fatto alla quota del reddito di impresa o di lavoro autonomo della società o associazione, diminuito di lire 360 mila, imputabile all’interessato.
7. Se il riferimento è fatto alla non iscrizione nei ruoli dell’imposta sui redditi di ricchezza mobile, la condizione si intende soddisfatta se il contribuente non possiede redditi di impresa o redditi di lavoro autonomo di ammontare superiore a lire 360 mila ovvero redditi derivanti da capitali dati a mutuo o redditi diversi.
8. Se i benefici conseguiti consistono in somme che concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di esse somme non si tiene conto agli effetti della verifica dei limiti stabiliti dalle singole leggi per la concessione dei benefici medesimi.
9. Nelle domande agli uffici delle imposte volte ad ottenere certificati da cui risultino le condizioni previste nel presente articolo, il richiedente deve dichiarare se ed in quale misura possiede redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta e redditi esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.
10. Gli uffici delle imposte rilasciano i certificati di cui al comma 9 anche in base a dichiarazione attestante i fatti oggetto della certificazione, resa dall’interessato ad un funzionario dell’ufficio competente. Alla dichiarazione si applicano le disposizioni della legge 4 gennaio 1968, n. 15. Per il rilascio dei certificati sono in ogni caso dovuti i diritti previsti nei numeri 1) e 4) della tabella allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 648.
11. Le disposizioni di cui al comma 10 si applicano altresì per il rilascio di certificati concernenti la presentazione della dichiarazione dei redditi e la situazione reddituale da essa risultante.

Articolo 190
Redditi dei fabbricati

1. Per i periodi di imposta anteriori a quello in cui avranno effetto le modificazioni derivanti dalla prima revisione effettuata ai sensi del comma 2 dell’articolo 37 (447) le rendite catastali dei fabbricati saranno aggiornate mediante l’applicazione di coefficienti stabiliti annualmente, per singole categorie di unità immobiliari urbane, con decreto del Ministro delle finanze su conforme parere della Commissione censuaria centrale.
2. Fino al termine di cui al comma 1, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto di un quarto sia superiore alla rendita catastale aggiornata per oltre un quinto di questa, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione ridotto di un quarto. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano la presente disposizione si applica con riferimento al canone di locazione ridotto di due quinti anziché di un quarto; per i fabbricati strumentali non suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni, la presente disposizione si applica con riferimento al canone di locazione ridotto di un terzo, salvo il disposto del comma 2 dell’articolo 43. Fino al termine medesimo le disposizioni del comma 2 dell’articolo 185 si applicano con riferimento alla rendita catastale aggiornata.
3. L’aggiornamento delle rendite catastali degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è effettuato mediante l’applicazione del minore tra i coefficienti previsti per i fabbricati. Qualora i predetti immobili risultino allibrati al catasto terreni, la relativa rendita catastale è ridotta a metà ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi. Il mutamento di destinazione degli immobili medesimi senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali e il mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sugli immobili vincolati determinano la decadenza dall’agevolazione tributaria, ferma restando ogni altra sanzione. L’Amministrazione per i beni culturali e ambientali ne dà al competente ufficio delle imposte immediata comunicazione, dal ricevimento della quale inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi.

Articolo 191
Disposizioni in materia di agevolazioni tributarie

1. Restano ferme le agevolazioni tributarie previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, e da leggi speciali.